L’occasione è ghiotta: un capolavoro da museo in una piccola galleria nel cuore di Roma. Qui, nel minuscolo spazio espositivo di Futurism and Co, campeggia una icona del secondo futurismo. E’ “Incuneandosi nell’abitato”, una vertigine che proietta chi guarda dentro la cabina di un caccia in picchiata verso gli edifici di una città. Tullio Crali dipinse il quadro nel 1938 facendone una summa dell’aeropittura, il nuovo punto di vista del mondo celebrato dagli artisti del movimento di Filippo Tommaso Marinetti. Da allora quella immagine fa parte delle opere che hanno la capacità di rappresentare un’epoca e di dire molto più tanti discorsi.
Dell’aeropittura, codificata da un manifesto nel 1929, Crali fu uno degli interpreti principali. “Incuneandosi nell’abitato” può considerarsi una lezione universitaria sull’argomento. Lo spettatore guarda la scena come fosse il co-pilota del protagonista ai comandi del velivolo. La sagoma è scura mentre intorno il colore rilancia la luce. L’effetto è suggestivo: la carlinga diventa trasparente, le abitazioni deformate dalla prospettiva che si innalzano verso l’aereo entrano quasi nella cabina. La tanto declamata compenetrazione tra il soggetto e ciò che lo circonda qui si realizza. E’ il fotogramma di una azione, la descrizione di un attimo che prosegue nella mente di chi osserva. Del resto il giovanissimo Crali aveva conosciuto bene quelle emozioni per essere stato ammesso da un maggiore a volare con lui aggirando i controlli della vigilanza. Di questo capolavoro esistono tre versioni. Quella in mostra nella galleria romana è la prima e appartiene a Massimo Carpi, grande collezionista di arte moderna e in particolare di Futurismo. “Mi fu proposto una ventina di anni fa da una signora milanese – dice -. Il quadro proveniva da un privato dalla Germania. Almeno una trentina di collezionisti si sono fatti avanti per averlo ma è uno di quei quadri che non venderò mai.
E’ un’opera fondamentale per una collezione ispirata dall’amore per l’arte”. A questa versione, di 60×70 cm dai colori caldi sui toni del marrone e dell’ocra, seguì qualche anno dopo la tela ben più grande – 130×155 – intitolata “In tuffo sulla città”, ma dalle tinte più fredde, virate sul grigio e l’acciaio. Oggi è al Mart di Rovereto con un consistente gruppo di opere donate da Crali poco tempo prima di morire, attualmente al centro di una vertenza che impedisce di esporle. I familiari dell’ artista hanno chiesto la restituzione sostenendo che non sarebbero state rispettate le condizioni previste dalla donazione relative, appunto, alla loro valorizzazione: se si esclude “Incuneandosi nell’abitato” e poche altre il resto sarebbe rimasto nei magazzini. Il Tribunale di Milano ha dato loro ragione ma la vertenza non è ancora chiusa. C’è poi una terza versione, anche in questo caso di proprietà di un privato.
Il quadro resterà esposto fino a tutto il mese di giugno accanto alle opere di Balla, Depero, Prampolini, Diulgheroff, Dottori e altre grandi firme del Futurismo riunite per una mostra che invece prosegue fino al 15 settembre nella galleria a due passi da piazza di Spagna diretta dalla figlia di Carpi, Francesca. L’opera è appena tornato da Zagabria, dove è stata tra i pezzi di maggior richiamo di una grande esposizione sul Futurismo, curata da Maurizio Scudiero, responsabile dell’archivio Depero. “Incuneandosi nell’ abitato” mette lo spettatore al centro della scena come avviene nell’ altro capolavoro di Crali, “Prima che si apra il paracadute”, del 1939 (alla Galleria d’ Arte Moderna di Udine), con il paracadutista che “danza” nell’aria a braccia aperte visto dall’ alto, come se chi guarda si fosse lanciato pochi secondi dopo di lui. Una immagine tanto suggestiva da essere stata scelta per la copertina del catalogo della più grande mostra internazionale sul Futurismo organizzata nel 2014 al Guggenheim di New York.
Tullio Crali, nato a Igalo in Dalmazia nel 1910 si trasferì a 12 anni con la famiglia a Gorizia. Entrò a far parte del Futurismo nel 1929 e diventò amico personale di Marinetti. Morì a Milano nel 2000, restando futurista e aeropittore fino alla fine. Aveva ottanta anni quando dedicò una serie suggestiva di opere alle Frecce Tricolori.
A Roma il futurismo in una tela
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