“Nona tra le illustri città sarai chiamata, Aquileia, colonia italica che fronteggi i monti dell’Illiria, per le mura e per il porto famosissima”. Così scriveva Ausonio nel I d.C. di quella città, nata appena due secoli prima, nel 181 a.C., concepita come avamposto della grande Roma ma subito tra le predilette di Augusto, crocevia di bellezza, culture, lingue, merci, popoli. Per festeggiare l’anniversario della sua fondazione, arriva nella capitale “Aquileia 2200. Porta di Roma verso i Balcani e l’Oriente”, mostra fino all’1 dicembre al Museo dell’Ara Pacis dedicata alle numerose trasformazioni della città, al tempo punto più a nord della via dell’Ambra nel Mediterraneo, oggi meta di oltre 200 mila visitatori l’anno solo nella sua Basilica dagli stupefacenti pavimenti a mosaico.
“Una mostra – spiega il Presidente della Fondazione Aquileia, Antonio Zanardi Landi – che racconta la capacità di rinascere della città. Ma anche la capacità di Roma di creare altre piccole ‘Rome’ esterne, prima per conquistare e poi per dialogare con i territori circostanti. Aquileia è l’esempio più riuscito di interfaccia attivo verso il ‘diverso’, di una vocazione al dialogo verso l’Africa, il vicino Oriente, i Balcani fino alla Mittleuropa. Quarta città dell’Impero per dinamismo, divenne porta d’ingresso non solo di merci ma anche di idee, modi di vedere, filosofie, religioni, saperi”. E i segni di quegli scambi si leggono oggi nel viaggio nel tempo della mostra – promossa da Roma Capitale e realizzata dalla Fondazione Aquileia con il Polo Museale del Friuli Venezia Giulia e il Museo Archeologico Nazionale di Aquileia – che parte da un pezzo iconico come la celebre testa al vento, con i riccioli maschili scolpiti nel bronzo, in arrivo dal Museo Archeologico della città. “Non sappiamo esattamente quale fosse la sua funzione – raccontano i curatori Cristiano Tiussi e Marta Novello con don Alessio Geretti – perché fu ritrovata in un pozzo nell’area del Foro, durante uno scavo del 1988.
Decontestualizzata, ma per fortuna, laggiù, non venne fusa per riutilizzarne il bronzo”. Ecco poi la galleria di pezzi originali romani come la Stele funeraria del gladiatore Quinto Sossio Albo o i due mosaici raffiguranti i “pesci adriatici” e il pavone; collezioni di ambre preziose in gran parte da corredi funerari, 23 calchi di reperti realizzati nel 1937 per la Mostra Augustea della romanità (dal Museo della civiltà romana), il docu-film Le tre vite di Aquileia e le fotografie di Elio Ciol.
Si scopre così non solo la figlia dell’Impero, ma anche l’Aquileia bizantina e medioevale, il Patriarcato, il periodo sotto l’impero asburgico fino al dopoguerra e alla storia, “non a tutti nota”, racconta il direttore del Polo Museale del Friuli Venezia Giulia, Luca Caburlotto, “della scelta del Milite Ignoto”, con l’esposizione per la prima volta del tricolore che avvolgeva il feretro del soldato scelto dalla madre di un caduto e disperso, Maria Bergamas, nella cerimonia alla Basilica di Aquileia nel 1921.
Una mostra, racconta il vicesindaco di Roma, Luca Bergamo, che racconta anche “lo sguardo al presente e al futuro di chi quei reperti li realizzò”. “Questo non è solo un evento di grandissimo valore culturale, ma una forte opportunità per fare conoscere il nostro territorio”, aggiunge il presidente della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga.
“Ora stiamo cercando di risanare la discrasia tra la città del passato e quella del presente”, aggiunge il sindaco Emanuele Zorino, annunciando, due giornate, il 23 e 24 novembre, “per assaggiare i sapori della nostra cultura che arriva dall’antico, dal prosciutto crudo amato dai Romani al Refosco bevuto già dall’imperatrice Livia”.
Aquileia 2200, la porta di Roma verso i Balcani e l’Oriente
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