a cura della Dr. Arch. Franca Colozzo
ARTE & SCIENZA – Questi due termini, apparentemente in antitesi, ci pongono di fronte ad un interrogativo: alla luce dei tempi attuali potrebbero, come le rette parallele nella geometria euclidea, incontrarsi all’infinito? Oppure, essendo due termini dicotomici, non incontrarsi mai? Arte della scienza o scienza dell’arte? Tutto ruota attorno a ciò che noi chiamiamo reale, se per realtà si intende quello che i nostri sensi percepiscono. Il quesito consiste, in sintesi, nell’indagare sul rapporto tra queste due termini: sono essi assoluti o relativi? Funzioni di variabili umane filtrate dall’esperienza storica dell’uomo e della sua evoluzione del tempo? Sono proporzionali o equivalenti? Oggettive o soggettive?
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Partendo dal presupposto inconfutabile che ognuno di noi ha un’interpretazione della realtà soggettiva nell’ambito di una percezione collettiva che è patrimonio genetico e conoscitivo della razza umana, sicuramente Arte e Scienza sottostanno alle leggi di un simbolismo implicito che ci costringe a ricercare il significato recondito della vita sulla terra in relazione all’Universo e ai fini escatologici dell’umanità. Questa continua ricerca dell’essere in sé e fuori di sé, proiettato nel cosmo, ha da sempre contraddistinto gli studi filosofici sin dai tempi del pensiero antico.
Per quanto mi concerne, attraverso le fonti del pensiero filosofico greco ed oltre, Arte e Scienza sono dell’apparenza un unicum. Forse l’espressione più sublime di questo binomio la si può trovare in Leonardo da Vinci, uomo rinascimentale per eccellenza, attraverso i suoi congegni, l’invenzione di macchine e la bellezza formale dei suoi dipinti. In questi ultimi, in particolare, la dissolvenza dell’atmosfera induce lo spettatore a guardare oltre il quadro l’immaginario scenario naturale sfumato, come ad esempio nella Gioconda. Ma non per questo Leonardo si ferma all’apparenza della forma quando dell’immagine mostra non solo ciò che ci appare nella sua realtà tangibile, ma anche la metamorfosi di un mondo che la mente ricompone nel suo farsi. L’atmosfera, dissolvendosi, scolorisce tra le nebbie della memoria o gli artifici delle illusioni.
Oggi noi seguiamo gli sviluppi tecnologici pedissequamente, senza spesso riuscire a stare al passo con questa rapida rivoluzione. Cosa dire allora del rapporto tra Arte e Scienza quando le soglie del millennio si sono spalancate su imprecisati mondi difficili da capire tra teoria dei Quanti, Intelligenza Artificiale e teletrasporto dell’informazione? Lo scetticismo imperante è stato causato dalla separazione tra Arte e Scienza, dal momento che quest’ultima è stata volutamente scissa dalla prima mediante un’operazione arbitraria a partire dall’800, quando la Rivoluzione industriale cominciò a bussare prepotentemente alle porte dell’umanità.
Gli antichi greci, da Socrate a Platone e Aristotele, per parlare delle colonne portanti del nostro pensiero occidentale, fino all’Umanesimo ed al Rinascimento, hanno saputo ben coniugare Arte e Scienza. Non esisteva allora una cesura tra loro, ma un’osmosi dell’una nell’altra. Scienza è Arte che si manifesta nelle galassie in fuga all’infinito con un aumento dell’entropia a partire dal famoso Big Bang. Arte è Scienza e viceversa, come ci hanno dimostrato Piero della Francesca (studi prospettici finalizzati all’interpretazione della realtà), Leonardo da Vinci, Michelangelo, Raffaello e tutti i grandi pittori dell’Umanesimo e del Rinascimento.
Oggi s’avverte l’esigenza di accorpare questi due grandi pilastri dello scibile umano. Pure le Avanguardie del ‘900 ci hanno dimostrato ciò anche attraverso, ad esempio, la Computer Art. Il connubio tra le due sembra avverarsi in una danza di particelle infinitamente piccole. Avverto nello spin di fotoni, per quanto distanti tra loro, quella danza infinita di partecipate esperienze che fa della nostra consapevolezza il vero mistero. Siamo coaguli di atomi e quindi di energia, come ci insegna la famosa equazione di Einstein (E = mc2), o rarefazione di coscienza (l’anima) attraverso neuroni che si connettono tra loro inviando impulsi elettrici. Nel mistero del cervello è nascosto il segreto del nostro essere una sorta di micro mondo all’interno di un macro mondo, di cui ci sfuggono i confini reali.
Siamo – come l’artista olandese Maurits Cornelis Escher ci ha insegnato al di là degli schemi geometrici e convenzionali del mondo – particelle di Dio schizzate sulla Terra al pari di frammenti meteorici, oppure un concentrato di infinito come la nostra invisibile anima che sottende molte nostre frustrazioni e desideri. Lavoriamo poco sull’anima e molto sul corpo: l’apparenza della realtà offende la bellezza inespressa del divino, dentro di noi, astratto come un dipinto moderno di Klee o Kandinskij. Probabilmente nelle Avanguardie del ‘900 è nascosta la chiave dell’interpretazione: Arte = Scienza. In un mondo atemporale, ci troviamo un po’ spaesati perché il peso del tempo biologico ci schiaccia così come la gravità. Le teorie fisiche di Einstein e Max Planck sfiorano vette inaccessibili ai più e di difficile comprensione. Impastati di realtà tangibile e legati al nostro sistema di riferimento Terra-Sole ci sentiamo al sicuro solo nella nostra navicella spaziale, pronti anche a distruggere i nostri simili ed il pianeta insieme a moltissime specie vegetali ed animali.
Distogliamo lo sguardo dalla verità per paura dell’abisso che si spalanca davanti a noi, l’abisso di dimensioni diverse dalla confortante visione del nostro piccolo recinto. Non più abituati a sognare, ci rifugiamo nel consueto giro di vite, annoiati e stanchi, fluttuando nell’etere nostro malgrado e privilegiando oggetti che non ci danno la felicità tanto agognata. Poi, all’improvviso, ecco aprirsi una porta per gli iniziati e l’Arte avanza, sotto molteplici forme: poesia, pittura, scrittura, musica, etc. Avanza la Scienza nelle menti illuminate dalla matematica, dalla fisica, nel gioco di fotoni che della luce seguono le curvature gravitazionali dei mondi. Lo stesso universo pensato da Einstein è una meravigliosa opera d’Arte. I fisici la disegnano matematicamente arrovellandosi in astruse equazioni; gli artisti usano suoni, linee, colori e rime, pennellate di sogni. Ma in fondo, c’è l’uomo che spinge sull’acceleratore della conoscenza ed usa tutti gli strumenti possibili per accedere alle informazioni.
Sarà che, grazie alla teoria dei Quanti, il teletrasporto di informazioni ci farà viaggiare con il pensiero più veloci di un bip o della stessa luce. Pare che non si possa viaggiare più velocemente della luce dal momento che Einstein ce lo ha dimostrato matematicamente, ma con il pensiero sicuramente possiamo fare questo! Allora, ecco il dubbio che mi assale ora: il pensiero è o non è più veloce della luce? Di cosa è composto il pensiero? Coscienza, consapevolezza, ragione, anima evanescente? Il pensiero è la rarefazione estrema di un elaborato processo che va oltre la velocità della luce, oltre l’energia stessa. Nei buchi neri un giorno forse si troverà la risposta cercata invano…
Se la creatività, come sostiene M. Emmer, è il fattore che unisce Arte e Scienza, se l’immaginazione è il volano che mette in moto la stessa matematica, certamente la descrizione matematica dell’universo è come la trama di una poesia. Pertanto la base di un corretto approccio all’universo è essenzialmente matematica e quest’ultima è una descrizione in chiave poetica dell’essenza stessa della natura e di noi uomini. Questo assunto ci fa riflettere sulle dicotomie del pensiero ottocentesco quando si sono gettate le basi della separazione tra studi classici e scientifici, dando priorità ai primi a scapito dei secondi.
Come se il Rinascimento, con la poesia insita nelle famose macchine leonardesche oppure nei suoi dipinti, così come in quelli di Michelangelo o Raffaello, fosse passato invano senza lasciar traccia dello stretto rapporto tra Scienza e Arte. D’altra parte la lezione degli antichi greci riaffiora nella cultura umanistica e rinascimentale dei secoli quindicesimo e sedicesimo per propagarsi poi dalla sua culla fiorentina a tutta l’Europa.
La codificazione e la classificazione hanno volutamente, per questioni anche di specializzazioni ulteriori, intrappolato lo scibile umano in rigidi schemi, inscatolando le nozioni e dividendole settorialmente. Da qui nasce il nozionismo che ha imbrigliato la conoscenza e lo studio frammentandolo in categorie e che, a partire dalla fine dell’800, ha ripartito il sistema scolastico italiano secondo modelli rigidi e meno rispondenti alla fluidità del sapere. Se Einstein si è ribellato ad essi, apparendo all’inizio della sua formazione scolastica un cattivo studente di matematica, non dovremmo meravigliarci delle conseguenze indotte da una cultura così poco elastica.
Come antidoto allo schematismo sociale, dove imperavano populisticamente le peggiori dittature che la storia ci addita a causa delle conseguenze devastanti delle due grandi Guerre Mondiali, ecco allora proliferare le Avanguardie avverse alla rigidità delle Accademie. Oggi possiamo a ragione affermare che il ‘900 è stato un secolo speciale, anche sotto l’aspetto del male assoluto (Hitler e l’Olocausto), per aver liberato la mente degli uomini dall’assuefazione a modelli diventati troppo rigidi. Noi siamo adesso il frutto di quella metamorfosi, su cui si è avvitata la rivoluzione tecnologica che ha fatto passi da gigante.
Ecco allora aprirsi mondi nuovi davanti a noi, spesso impreparati a seguire il passo dell’evoluzione tecnologica, che ci indicano strade apparentemente diverse ma in fondo molto simili a quel modello greco/rinascimentale che sembra essersi perso tra le volute di fumo delle ciminiere dell’epoca pre/ post industriale. Ecco apparire all’orizzonte le nuove frontiere dell’Arte che fanno uso di metodi scientifici e si avvalgono di quegli strumenti che solo l’evoluzione tecnologica è riuscita a mettere a nostra disposizione. La Computer Art ad esempio, nata nel 1950, è frutto della sperimentazione di Ben Laposky (USA) e Manfred Frank (Germania). Erano forse artisti questi ultimi? No, due matematici e programmatori con predisposizione innata per la grafica.
Arte digitale, quindi, che all’inizio ha fatto gridare allo scandalo ma che, successivamente, ha portato gli artisti ad una maggiore libertà espressiva attraverso l’utilizzo di tecnologie digitali a partire dagli anni ’70. Frattali o Digital/Pixel Art, Fotografia digitale, Electronic Literature, Arte elettronica, Computer Poetry, Musica elettronica, etc., sono tutte espressioni del connubio tra Arte e Scienza nella concretezza del panorama moderno delle interrelazioni tra ambiti diversi dello scibile umano. Le interrelazioni tra arte e tecnologia sono molteplici così come lo sono gli ambiti di applicazione.
Se la matematica rappresenta la più rarefatta forma di Poesia, mi vien da fare il paragone tra anima e corpo. L’anima per me è come la Matematica: non vediamo quest’ultima concretamente in tante manifestazioni dell’Universo e nelle applicazioni scientifiche, eppure senza di essa non avremmo ora tutte quelle apparecchiature complesse che ci circondano nella nostra vita reale o quelle fantascientifiche astronavi che vengono messe in orbita. Così pur non riuscendo a vedere l’anima ipotizziamo che sottenda alla consapevolezza delle nostre azioni. Pertanto, la Matematica assurge al massimo livello di conoscenza dell’intero universo. Senza le sue formule, semplici o astruse, non potremmo descrivere mondi lontani, gli stessi buchi neri o le inviolate profondità dello spazio siderale.
Qual è dunque l’estetica della Matematica? Quella delle belle formule o dei suoi effetti collaterali? Senza equazioni matematiche nessuno oggi crederebbe alla relatività di Einstein, come alla Teoria dei Quanti di Max Planck (1900). Il teletrasporto quantistico è uno dei grandi temi di attualità nella scienza fisica. Vent’anni fa, questo fenomeno era una possibilità teorica. Oggi gli esperimenti sono in pieno svolgimento. Noi uomini siamo agnostici come San Tommaso. La nostra visione è fortemente limitata e, se ci fermassimo ad essa, rischieremmo di non scoprire altre infinite possibilità evolutive e cognitive. Einstein era un visionario, così come tutti gli scienziati. Max Planck è andato oltre Einstein, oltre la localizzazione degli eventi, oltre il tempo stesso che non esiste se non biologicamente (ammasso di atomi che formano i corpi e che termodinamicamente sottostanno ad un processo di invecchiamento).
Grazie all’Entanglement quantistico, sappiamo oggi che due particelle subatomiche (come i fotoni), se pur distanti, possono comportarsi come un unico sistema. Si tratta di un allontanamento dal principio di località (un oggetto può essere influenzato solo dal suo ambiente immediato), caro ad Einstein e alla sua teoria della Relatività ristretta. Una spiegazione può essere quella delle “variabili nascoste” che ci sfuggono. Così, anche se distanti, queste particelle hanno un effetto l’una sull’altra.
Alla luce delle recenti scoperte, ci viene da riflettere su come l’Arte = Creatività sia alla base anche del pensiero logico e di come la Matematica, frutto di immaginazione, e per estensione tutte le scienze siano il mezzo per arrivare alla conoscenza. In conclusione, non c’è uno iato tra Arte e Scienza, ma una rispondenza biunivoca tra di esse. Arte=Scienza in quanto entrambe hanno bisogno dell’immaginazione che esula dalla mera conoscenza della nostra dimensione apparentemente temporale e strutturata per calibrarsi su una percezione di una realtà apparente, ma necessariamente concreta per lo svolgimento delle attività umane (Barbour, autore del famoso saggio: “La fine del tempo”).
Cito per concludere Sant’Agostino, filosofo e padre della Chiesa IV-V secolo d.C., e le sue teorie spirituali. Per il vescovo di Ippona il tempo è una dimensione dell’anima, è la coscienza stessa che si dilata sino ad abbracciare col presente anche il passato e l’avvenire. Il tempo rappresenta per lui una dimensione soggettiva dovuta allo spirito umano che raccoglie in unità la pluralità delle esperienze esterne disperse. Per quanto oggi l’evoluzione sia stata grande, l’ignoranza della conoscenza appare superare tutti gli aspetti in quanto contempla solo il lato puramente materiale e apparente delle cose.
Per concludere, abbiamo perso la capacità di ascoltare la nostra anima riducendola a puro oggetto materiale. Ma sia essa che la natura ci parlano continuamente attraverso il flusso di energia vitale che fluisce nell’universo. Basta saper ascoltare la voce che proviene da dentro di noi e non i meri impulsi cerebrali, impietosi abiti mentali, spesso messaggeri di pensieri negativi e distruttivi.
Leonardo da Vinci non vedeva una netta separazione tra scienza e arte. Per lui, l’osservazione e la sperimentazione erano fondamentali tanto nella pittura quanto nello studio del mondo naturale. Questo approccio interdisciplinare è evidente in molte delle sue opere più famose.