L’Ufficio Scolastico Regionale per il Lazio ha inopinatamente pubblicato alla vigilia di Natale la nota n. 39279, con la quale, dopo aver ottenuto gli esiti dei tavoli di coordinamento istituiti presso le prefetture del Lazio, in particolare i tavoli prefettizi di Roma e Frosinone, si dettano istruzioni per il riavvio dell’attività didattica in presenza, a partire dal 7 gennaio 2021.
Il comitato studentesco dell’IIS Marconi di Civitavecchia congiuntamente con il gruppo giovanile “Io c’entro” hanno avuto modo di esprimere più volte al Direttore Generale dell’USR del Lazio e alle autorità amministrative regionali le proprie perplessità in ordine al metodo e al merito dei provvedimenti proposti.
In particolare, hanno evidenziato, che dai tavoli istituiti presso le Prefetture è stato escluso gran parte del mondo della scuola (come ad esempio la rappresentanza studentesca),e che le soluzioni imposte dagli stessi tavoli non potranno non determinare tanti problemi alle scuole laziali.
Nel sottolineare che il rientro a scuola in condizioni di totale sicurezza e funzionalità è interesse primario di tutte le componenti scolastiche, riteniamo che l’esercizio del pieno diritto allo studio possa realizzarsi solo tramite soluzioni attente alle peculiarità territoriali e declinate secondo le specificità dell’area e dei singoli istituti del vasto e variegato territorio laziale. In particolare:
- Negli istituti tecnici e professionali, nei quali si registra un orario delle lezioni particolarmente lungo, l’ingresso alle ore 10:00 dilata oltre misura gli impegni scolastici degli studenti, ai quali vanno aggiunti i tempi di spostamento per raggiungere le scuole, distribuite sul territorio in modo molto meno capillare di quanto accada per il primo ciclo di istruzione. Non sarà infrequente il caso di giornate scolastiche che, a causa degli spostamenti necessari, termineranno intorno alle ore 18:00, orario nel quale gli studenti dovrebbero iniziare, secondo questo schema, lo studio casalingo. L’eccessivo ritardo della conclusione delle attività scolastiche potrebbe, quindi, determinare un ulteriore grave deterioramento dei processi di apprendimento, con particolare riferimento agli studenti in condizione di maggiore fragilità e con bisogni educativi speciali;
- Nei licei in cui il minor carico orario è compensato dalla necessità di uno studio teorico più intenso, si determineranno, mutatis mutandis, analoghi problemi di sostenibilità del lavoro a casa degli studenti, oltre che la rinuncia, per gli studenti dei licei come per quelli di tecnici e professionali, di ogni possibile ipotesi di attività formative non scolastiche, da quella sportiva a eventuali altre tipologie (teatro, studio delle lingue presso enti e accademie di riferimento nel settore, ecc.);
- Gli studenti non avranno possibilità di pasti regolari durante la settimana, poiché le scuole superiori non dispongono di mense, a differenza del primo ciclo;
- Non sarà possibile alcuna attività di recupero (pur previste dagli ordinamenti scolastici) e, a maggior ragione, di potenziamento e ampliamento dell’attività formativa.
Per ultimo, ma non in ordine di importanza, il prolungamento dell’orario delle attività didattiche pomeridiane determinerà:
- L’ennesima totale riorganizzazione dell’orario dei docenti e la turnazione del personale ATA che dovrebbe garantire tempi più lunghi di sorveglianza su noi studenti e ulteriori azioni di igienizzazione degli spazi;
- La compromissione della qualità della vita personale e familiare di tutti protagonisti del processo educativo, in particolare di noi giovani, in un momento in cui la sfera psicologica è già messa a dura prova dalla riduzione di tutte le attività formative extrascolastiche.
Peraltro, il quadro di riferimento assunto dai tavoli prefettizi come base delle proprie determinazioni è mutato proprio in questi giorni, poiché l’iniziale previsione del 75% delle presenze a scuola è stata ridotta dal Ministero per la Salute al 50%, almeno fino al 16 gennaio, il che avrebbe consentito una più distesa prosecuzione dell’interlocuzione tra gli attori istituzionali e le componenti scolastiche.
Si è invece preferita un’accelerazione incomprensibile delle decisioni, la cui scarsa funzionalità non potrà che aggiungere elementi di difficoltà alla prosecuzione dell’anno scolastico, di cui non si avvertiva francamente alcuna necessità.
Non si può non rilevare, inoltre, nel complesso delle misure adottate, la completa mancanza di qualsiasi riferimento a una politica sanitaria “attiva”, basata sul tracciamento degli episodi pandemici nelle scuole, nonché sulla somministrazione di tamponi rapidi, magari con unità mobili, e a protocolli sanitari univoci da parte delle singole ASL.
Tutto ciò concorre a dimostrare che la ripresa dell’attività scolastica è stata tarata a misura dell’inefficienza del sistema dei trasporti, più che sulle proprie intrinseche necessità.
La situazione che si è determinata nel Lazio consegue alla discutibile scelta, operata dal DPCM del 3 dicembre, di commissariare de facto il sistema scolastico.
Non sfugge a nessuno che il DPCM, nello spostare il centro delle decisioni dai tavoli per la sicurezza nelle scuole ai tavoli prefettizi, affida al Ministero degli Interni la gestione della ripresa dell’attività scolastica.
Peraltro, i provvedimenti delineati violano anche l’autonomia delle singole Istituzioni scolastiche, e costringendo le scuole a prendere atto di decisioni assunte in modi e tempi che escludono qualunque possibilità di gestione autonoma, sia dal punto di vista organizzativo che didattico. Il risultato di questa scelta appare dubbio sotto il profilo dell’efficacia e degno di scenari diversi da quello scolastico.
Manuel Gregori