“Finalmente, ora hanno considerato anche noi”. I circa 800 studenti degli ultimi anni del corso di medicina della Sapienza, per voce dei loro rappresentanti, sono stanchi, ma soddisfatti. La rettrice dell’Università, Antonella Polimeni, ha assicurato con un messaggio sui social che entro le prossime due settimane, come già sta accadendo all’ospedale Sant’Andrea, anche l’Umberto I organizzerà almeno due sessioni speciali per vaccinare i futuri medici. Si segna così la parola fine, forse, alla polemica che va avanti da dieci giorni sulla disparità di trattamento tra medici, infermieri e tirocinanti di molte università da una parte (in grandissima parte già vaccinati) e studenti in formazione del primo ateneo di Roma dall’altra.
Lo scorso 1 marzo una quindicina tra studenti e studentesse aveva messo in scena una vivace protesta in piazza Aldo Moro. “Paghiamo un servizio, riceviamo sevizie” recitava polemico uno dei tanti cartelloni esposti. Tutti loro, tra il quinto e il sesto anno di corso, devono svolgere obbligatoriamente decine di ore di tirocinio, possibilmente a stretto contatto con i pazienti, tra strutture sanitarie e studi dei medici di base. Lo scorso 18 dicembre erano stati contattati dalla Sapienza per una pre-adesione al vaccino Pfizer. Poi era arrivato il piano della Regione Lazio, seguendo le linee guida del Ministero della Salute. La direzione era chiara: nella prima fase d’immunizzazione, oltre a medici e operatori sanitari, c’erano gli “operanti in territorio e in formazione (specializzandi, dottorandi e studenti)”.
“Ci avevano detto di non preoccuparci e che ci avrebbero fatto sapere” racconta a La Gazzetta di Roma un rappresentante del corso di medicina della Sapienza, che vuole restare anonimo. “Poi, però – aggiunge – le cose si sono arenate, per problemi di organizzazione e in parte per i ritardi della Pfizer di fine gennaio. A quel punto noi chiedemmo che ci venisse fornito un calendario. Non volevamo venire prima delle categorie fragili, solo sapere quale sarebbero state le tempistiche, ma non ci fu detto nulla. Da lì a fine febbraio, però, in altre regioni e in altre università di Roma e del Lazio gli studenti come noi sono stati vaccinati”.
Nel frattempo per i tirocini è stato il caos. “Chi lo ha fatto in presenza si è sentito in pericolo. So poi di colleghi a cui i medici di famiglia, vista la mancata vaccinazione, hanno detto di non andare fisicamente in studio – ci spiega il rappresentante – almeno non con frequenza elevata, per non mettere a rischio loro e i pazienti. Altri, invece, hanno addirittura dovuto fare il tirocinio a distanza. Una contraddizione pura, visto che si tratta di un mestiere tecnico, che ha bisogno di pratica dal vivo”.
Ora la svolta. “Non tutti eravamo d’accordo con quella forma di protesta in piazza e non nelle sedi istituzionali – ci dice una studentessa – ma dobbiamo registrare che ha funzionato”. Rimane da capire se gli 800 futuri medici saranno vaccinati con i prodotti di Pfizer e Moderna, oppure con quello di Astrazeneca. Il rappresentante degli studenti non usa giri di parole: “Il vaccino di Astrazeneca ha una copertura inferiore. Stando più a contatto con i pazienti vorremmo una protezione maggiore, come è stato per medici e infermieri, ma sappiamo bene che è il vaccino di cui l’Italia ha più dosi. Staremo a vedere”.
Giacomo Andreoli