“Nello Stivale i risultati delle elezioni sono visti sempre come una sorta di divinazione, un destino inevitabile o una condanna per chi cerca di mettere in discussione il vincitore. O in questo caso, le due vincitrici: Elly e Giorgia, i nuovi santi da pregare… c’è poco da fare, in tal senso: in Italia l’interpretazione dei risultati elettorali si presta a un ricorrente equivoco epistemologico. I colti e gli incliti dell’accademia e della stampa, non meno che i cittadini comuni, tendono naturalmente a interpretare il voto come la divinazione di un responso o, ancora meno laicamente, a scorgervi la rivelazione del senso reale-razionale della storia e dell’ordine provvidenziale degli eventi. Insomma, oggi pare scontato interpretare il voto italiano alle elezioni europee come l’inveramento di un destino fatale, come una manifestazione emblematica della non riformabilità dei processi (ir)razionali del nostro sistema democratico: dunque come un’imputazione o una condanna per chiunque si ostini velleitariamente a metter in discussione il vero spirito della nazione. Un ragionamento socio-politico, un contesto culturale che non sta né in cielo, ne in terra. Sembra quasi, infatti, che chiunque vinca un’elezione in Italia, abbia il diritto di considerarsi e di essere riconosciuto come il Napoleone di Hegel: lo spirito del mondo seduto su un cavallo. Lo si fece pure con Grillo e Di Maio che volevano aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno, o con il Salvini trionfante al Papeete. Figurarsi con due donne di potere, più educate, come Elly e Giorgia. In questo quadro, pertanto, pare diventa impossibile contestare la Schlein di avere fatto del Pd un partito di grado zero, che rinuncia a essere qualcosa ma, essendo tutto e il contrario di tutto, riesce a sommare tutti i voti senza perderne nessuno, anche se al costo di non essere più nulla. O contestare la Meloni per avere fatto del Governo una trincea di opposizione alla realtà delle cose e alla verità dei fatti, e di guidare un esecutivo che non è in grado di fare nulla. Ma – questa è la morale della favola italica – Meloni e Schlein hanno vinto e quindi avrebbero ragione. L’output della politica non è più il governo, ma le elezioni, che dovrebbero rappresentarne in teoria solo l’input istituzionale. Non contano le conseguenze pratiche delle cose che si fanno, ma gli effetti di quelle che si dicono. Peraltro senza accorgersi che è la stessa democrazia a perdere, come dimostra l’astensionismo dilagante, che in occasione delle europee ha superato il 50percento. Ma la politica fa finta di non vedere, figlia del servo encomio della grandezza di qualunque vincitore”.
Così, in una nota, il fondatore del sodalizio “Iniziativa 9 maggio”, Rocco Tiso, e il portavoce nazionale del comitato “Prospettive Future”, Attilio Arbia.