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“Enzo, spara! – E ho sparato”.
“A dichiararlo è l’ex pentito Vincenzo Calcara il quale risponde in modo affermativo alla domanda posta dall’avvocato Santino Russo del foro di Agrigento, se avesse commesso ulteriori omicidi oltre quello di Francesco Tilotta, al quale aveva truffato un milione di vecchie lire, e per la cui uccisione ha già scontato una pena a 15 anni di carcere.
È stato mai indagato per questo omicidio? – ha chiesto l’avvocato Russo riferendosi a quest’ulteriore omicidio, che, rimanendo basito per la risposta negativa data dall’ex collaboratore di giustizia, ha rilevato come ci si trovasse in presenza di una notitia criminis.”
Ad affermarlo è Giuseppe Ciminnisi, coordinatore nazionale dei familiari delle vittime di mafia dell’Ass. “I Cittadini contro le mafie e la corruzione”.
“Le sconcertanti dichiarazioni da parte dell’ex collaboratore di giustizia Vincenzo Calcara, assistito dall’avvocato Antonio Consentino, sono state rese durante l’udienza dell’11 marzo, nel corso del processo presso il Tribunale di Agrigento, scaturito a seguito della querela per diffamazione a mezzo stampa presentata da Calcara a carico di Gian J. Morici, editore del sito lavalledeitempli.net, difeso dall’avvocato Russo, che in un suo articolo aveva descritto l’ex pentito come omertoso e reticente.
Calcara, sentito come teste della Procura – ma citato quale teste anche dallo stesso Morici – ha reso inoltre dichiarazioni mai rese prima dinanzi l’Autorità Giudiziaria, in merito alla presenza di Matteo Messina Denaro il giorno in cui ricevette da Francesco Messina Denaro l’incarico di tenersi pronto a uccidere il Giudice Paolo Borsellino.
Quella di aver sempre taciuto sullo spessore criminale dell’attuale boss latitante, è stata una delle accuse mosse a Calcara da alcuni magistrati (Alessandra Camassa e Massimo Russo) e più di recente anche dal Procuratore Aggiunto di Caltanissetta, Gabriele Paci, che nel corso della sua requisitoria al processo che ha portato alla condanna all’ergastolo di Matteo Messina Denaro (accusato di essere tra i mandanti delle stragi in cui furono uccisi i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino) ha definito l’ex pentito un ‘inquinatore dei pozzi’ e collaboratore di giustizia eterodiretto.
Calcara – prosegue Ciminnisi – in aula ha fatto riferimento al trasporto di una cassa dalla Calabria alla Sicilia, che secondo le sue supposizioni probabilmente avrebbe contenuto l’esplosivo destinato all’attentato al Giudice Borsellino.
Un fatto inedito, del quale non risulta ne avesse riferito in precedenza ai magistrati affinchè potessero sviluppare indagini per risalire a chi fornì l’esplosivo per l’attentato di Via D’Amelio.
A distanza di quasi trent’anni, sulla strage di Via D’Amelio e sui depistaggi delle indagini, si allungano ancora troppe ombre oscure.
Se dei collaboratori di giustizia – oltre al falso pentito Scarantino – hanno taciuto o mentito sulle responsabilità di chi volle le stragi; se hanno taciuto per decenni delitti commessi o la partecipazione ad altri reati dichiarandoli soltanto adesso in un’aula giudiziaria, sarebbe incomprensibile se non si volesse procedere alle opportune verifiche e alle determinazioni consequenziali.
Nella qualità di coordinatore nazionale dei familiari di vittime di mafia dell’associazione che mi onoro di rappresentare – conclude Ciminnisi – ritengo sia dunque indispensabile chiedere che venga al più presto fatta chiarezza in merito alle dichiarazioni dell’ex pentito Calcara rese dinanzi i giudici di Agrigento, su fatti di reato tanto gravi, ed è per tale ragione che ho affidato ai legali di mia fiducia il voler valutare come procedere nelle sedi opportune.