Giampiero Pacifico e l’operetta

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Articolo a cura di Ilaria Solazzo, giornalista pubblicista.

Giampiero Pacifico è stato ballerino presso l’Opera di Roma e ha avuto l’opportunità di affiancare artisti  importanti come l’indimenticabile Raffaella Carrà. Nel suo percorso Giampiero ha collaborato a lungo con l’attore Sandro Massimini, amante dell’operetta, da cui ha ereditato una serie di memorabilia oggi raccolte nel museo di Torre Caietani intitolato proprio all’artista scomparso (www.museosandromassimini.com).

A sua volta appassionato di operetta, arte e curiosità, vive a Fiuggi e ha istituito una collaborazione tra ADANS e l’ Associazione Culturale fondata da lui per visitare alcuni luoghi incantevoli nei dintorni della sua città – che include anche il “Massimini” – ma offre soprattutto l’opportunità di effettuare escursioni  alle Grotte di Collepardo, ad Anagni sotterranea e alle mura Ciclopiche di Alatri.

Giampiero ha realizzato un accogliente B&B (il Metamorphosis) dove ci si può alloggiare e da dove si parte per le escursioni.

Nella nostra chiacchierata, piacevole e informale, abbiamo potuto spaziare tra diversi argomenti, da quelli personali come la sua carriera all’impegno per il museo dedicato a Sandro Massimini, comprendendo, ovviamente, anche l’operetta.

Intervista

ILARIA: Partiamo intanto da te…
GIAMPIERO: Fin da giovanissimo ho intrapreso un percorso di studi in campo artistico che mi ha consentito, esperienza dopo esperienza, di aumentare la passione per l’arte scenica, consentendomi – allo stesso tempo – di maturare una crescente sensibilità nei confronti della cultura dello spettacolo e della rappresentazione in generale. Gli studi di danza classica prima, presso il Teatro dell’Opera di Roma con insegnanti come Attilia Radice, Olga Amati e Ivana Gattei e di danza moderna poi con Nadia Chiatti, mi hanno fatto prendere coscienza di un ambiente creativo che ha trasformato un’iniziale vocazione in professionismo. Mi sono esibito come primo ballerino sia presso il teatro dell’Opera di Roma, con spettacoli classici come Rigoletto ed Edipo Re, sia al Sistina in commedie brillanti come Accendiamo una lampada con Johnny Dorelli.
Contemporaneamente al teatro ho iniziato a lavorare in tv, partecipando a programmi Rai in qualità di ballerino solista al fianco di Raffaella Carrà, e in altri show diretti da maestri di grande levatura come Don Lurio, Gino Landi e Renato Greco.

ILARIA: E poi…
GIAMPIERO: L’incontro con Sandro Massimini, artista poliedrico e indimenticabile amico, ha completamente cambiato la mia vita e trasformato la mia professione in un’avventura straordinaria ed emozionante in giro per il mondo. Ci siamo incontrati a Trieste, dove mi esibivo proprio nell’operetta dopo aver lavorato al Sistina di Roma. Con lui ho viaggiato in Europa, negli Stati Uniti e in Oriente, con l’obiettivo di far conoscere la cultura Italiana, dapprima calcando le passerelle come indossatore, vestendo i capi dei più acclamati stilisti nazionali ed internazionali, e successivamente in qualità di assistente alla regia di nella messa in scena di differenti operette.

Un impegno importante, per far rivivere sulla scena un repertorio vastissimo di titoli che rischiavano l’oblio e che sono tornati invece nei maggiori teatri italiani riscuotendo un successo di pubblico e critica di inimmaginabile portata. Solo per citare alcuni titoli di questa lunga esperienza: Al Cavallino Bianco, La Danza delle Libellule, Cin-Cin-Là, La Bayadera, La Rosa di Istanbul, Ragazze al Grand-Hotel, Scugnizza, Cinecittà, La Duchessa del Tabarin, Vittoria e il suo Ussaro, Il Fiore d’Away, Ballo al Savoy, La Principessa della Czarda, La Duchessa di Chicago, La Vedova Allegra, My Fair Lady, Victor Victoria…

ILARIA: L’operetta, dunque. Una scelta di vita per Giampiero che è anche Presidente dell’Associazione “Operette, che passione”. Ci definisci il genere in due parole?
GIAMPIERO: L’operetta è un fenomeno estremamente importante e spesso dimenticato: in un certo senso è la madre putativa del musical.  Ed è diretta a un certo tipo di pubblico, con gusti ben precisi. Il mio impegno in questo settore è molteplice. Intanto è quello di far accostare i giovani alla comprensione dell’operetta. In questo senso, diciamo antropologico, va visto che il nascere del museo che vuole lasciare alle nuove generazioni testimonianza di un’epoca veramente ricca di storia che ha caratterizzato l’identità sociale del nostro paese. Pensare al progresso che passa con il teatrino per bambini, fino ad opere per l’adolescenza e la comicità rivolta ad un pubblico più impegnato, che rimane però confinato nella leggerezza e nell’eleganza, significa non solo fare cultura, ma tramandarla a chi verrà poi. Questo è ciò che siamo chiamati a fare, pensando a tutto ciò che ha caratterizzato lo stile italiano dell’operetta, unica nel suo genere.

ILARIA: Ti va di farci un esempio?
GIAMPIERO: Certamente. Basti pensare al fatto che Pinocchio è considerato un burattino mentre, in realtà, era una marionetta i cui fili venivano tirati da Mangiafuoco. E parliamo di un testo chiave, su cui si è consolidato il passaggio dal teatro alla televisione e poi al grande schermo. Basti ricordare Benigni e la sua versione dell’opera di Collodi.
In fondo, cinema e teatro sono rappresentazioni o parodie della realtà: se esiste qualcosa di valido nel mondo reale possiamo tentare di rappresentarlo anche in senso terapeutico. Ridere e sorridere è in fondo una cura per la nostra mente.

ILARIA: Questo genere si porta dietro una storia importante che risale indietro di decenni. Pensiamo a quando in Francia esce l’Orfeo e l’Inferno – nel ’58 –  mentre in Italia erano già usciti lavori come: l’Opera buffa e altre opere, giusto?
GIAMPIERO: Sì. Massimini riuscì a portare in auge l’Operetta grazie anche ai suoi contatti; come per esempio Carlo Lombardo che all’epoca aveva più di quindici compagnie teatrali. E’ anche grazie a questo che ne possiamo valorizzare il carattere che in termini moderni possiamo definire leggero, moderno, snello ed effervescente ma al tempo stesso d’impatto sul pubblico; tutto ciò che ritroviamo in opere come l’Acqua cheta o Scugnizza.

ILARIA: All’epoca quali erano le difficoltà riscontrate?
GIAMPIERO: Sicuramente quella di accaparrarsi i diritti d’autore di un testo. Questo significava avere maggiore autonomia anche nella fattibilità dell’opera, diventandone titolare. Un esempio è quello del Paese dei Campanelli, un grande successo.

ILARIA: Dall’alto della tua esperienza, spiegaci, se vuoi,  il senso della espressione: “Il teatro non è come la televisione”.
GIAMPIERO: Sul piccolo schermo si rischia di fare confusione in quanto i programmi contenitori tipo quelli, dove ho conosciuto Raffaella Carrà, si rivolgevano al grande pubblico della Rai. Di conseguenza è più difficile differenziare perché sono rivolti a un’utenza altamente eterogenea.
Oggi a tutto questo e a Sandro Massimini è dedicato il museo di cui Giampiero è presidente, prezioso soprattutto per i pezzi che contiene.
Attraverso questa istituzione, oltre alla tutela, conservazione e promozione del patrimonio culturale del passato relativo al genere musicale dell’Operetta, sostengo il lavoro di nuovi artisti, consapevole della necessità di favorire anche la ricerca investendo nell’aggiornamento costante (specie nel settore multimediale e audiovisivo) per comprendere il cambiamento e le novità del contemporaneo,  confrontarsi con il presente e “immaginare” il futuro. E ci tengo a dire – in conclusione – che quelli esposti non sono mai riproduzioni, ma solo pezzi originali.