Giovanni Gastel, da Obama a Fiorello, ecco The People I like

Foto da ufficio stampa Museo Maxxi
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“Barack Obama l’ho incontrato a un cocktail. Gli ho chiesto: ma come mai gli Stati Uniti hanno eletto questo presidente dopo di lei? E lui è scoppiato nella risata che vedete in foto. Quasi liberatoria. Come ha detto il suo staff, c’è tutta la storia del popolo nero dentro”. E poi Stefano Bolle, in calzamaglia, per una volta seduto in platea. “Ai miei allievi dico sempre: scartate le prime due-tre idee che vi vengono in mente, perché le hanno già pensate tutti. Troppo facile ritrarlo sul palco, come la grande star che è, bello e splendido. Mi interessava di più il suo animo, l’uomo pensoso e riflessivo, forse persino stanco. Anche se lui non vuole mai mostrarlo”. E ancora Fiorello, Zucchero, l’editore appena scomparso Franco Maria Ricci, Monica Bellucci, Marco Pannella, Tiziano Ferro, Vasco Rossi o Bebe Vio, alla quale ha detto: “Tu non sei menomata, sei un super eroe. Racconti quello che saremo tra 100-200 anni”. Così Giovanni Gastel, il Maestro della fotografia, da sempre conteso dalle più alte riviste di Moda (e non solo), celeberrimo per i suoi still life, nipote del regista del Gattopardo Luchino Visconti, debutta al Museo Maxxi di Roma, fino al 22 novembre, con la “prima mostra organica di ritratti della mia vita”.

Una galleria, quasi un labirinto, di oltre 200 volti, dove trionfa il bianco e nero, a cura di Uberto Frigerio con l’allestimento di Lissoni Associati, intitolata, non a caso, “The People I like”, le persone che mi piacciono. “Erano anni che corteggiavamo Gastel – racconta la presidente Giovanna Melandri – E questa è una mostra speciale. Perché per noi è la mostra della “ripartenza’ e faremo tutto quel che dobbiamo per farla vedere in sicurezza. E perché volevamo mettere in scena la ricerca di Gastel”. Ne è nato un grande album d’autore, che colleziona modelle, attrici, artisti, vip, politici, intellettuali, designer, chef, persino il cane di famiglia tra i volti della Galleria dei colli alti neri (tutti uguali eppure tutti così diversi), raccontando non solo l’arte, ma il mondo personale e gli incontri del Maestro (ma se lo chiamate così, lui ride). “Ogni ritratto – racconta Gastel – è un atto di seduzione, un attimo in cui varco il ‘muro’, vedo cose e ‘leggo’ chi ho davanti. Sperando di far entrare con me anche lo spettatore. Ovviamente, non sono uno specchio, ma filtro ciò che vedo con le mie gioie, dolori, la mia cultura o non cultura. E’ una lettura non estetica, il mio punto di vista su quella persona, su quell’incontro. E sono tutte persone che mi hanno trasmesso qualcosa, insegnato, toccato l’anima. Famose, di successo, ma che sanno quanto la vita sia da un’altra parte. Una ‘famigliona’ di persone perbene, come diceva mio padre. E oggi il mondo ha bisogno di persone perbene”.

Uno dopo l’altro ecco Zucchero, Mara Venier, Miriam Leone, i fotografi Ferdinando Scianna e Mimmo Lojodice, Germano Celant (amico che lo ha seguito per una vita, curatore di tutte le sue mostre e anche di molte al Maxxi, al quale è dedicata The People I like): volti immobili, a volte essenziali, che sembrano quasi parlare. “Un buono scatto arriva in 8-10 minuti. Nel mio studio si ride, c’è aria di festa. Se ci impieghi di più, meglio smettere e andare a farsi una birra – sorride Gastel – La mia cifra? La luce, che non incide mai sul soggetto, ma scaturisce da ciascuno. Racconta quanto siamo tutti diversi, unici, irripetibili”. Proprio di questi giorni, la polemica sulla modella armena Armine Harutyunyan, scelta da Gucci tra le 100 donne più sexy del mondo ma bersagliata da bodyshaming sui social. “Sono convinto che la bellezza risieda in tutti, o quasi. Quindi, perché no? – risponde lui – Ognuno di noi è unico sul serio: solo in quel momento nella storia e nell’universo, un ovulo e uno speramatozoo si potevano unire, trovare le condizioni adatte e creare noi. Questo è già bellezza”.