Il Museo avrà sede nel Palazzo dell’Arcipretura di San Casciano dei Bagni. Un fulmine ha sigillato per secoli la grande vasca dove giacevano i Bronzi di San Casciano dei Bagni, tra le scoperte archeologiche più impressionanti degli ultimi decenni. Prima di loro, tanto stupore lo avevano suscitato soltanto i Bronzi di Riace, trovati in mezzo al mare nel 1972. Ma se i due capolavori emersi lungo le coste calabresi divennero presto simbolo di bellezza e forza, quelli venuti alla luce nell’estate del 2022 sono magri, deboli. Scolpiti nel bronzo, questi corpi malati erano usati come ex voto da offrire agli dei custodi del santuario termale etrusco e romano dal Grande bagno di San Casciano. Dopo un restauro eseguito in tempi record, da domani le statue, centinaia di monete e altre testimonianze votive che riproducono organi del corpo umano, per la prima volta vengono presentate al pubblico con la mostra ‘Gli Dei ritornano. I Bronzi di San Casciano’, ospitata al Palazzo del Quirinale (dal 23 giugno al 25 luglio e dal 2 settembre al 29 ottobre), esattamente come fu per i Bronzi di Riace.
La loro destinazione futura e definitiva sarà però il Palazzo dell’Arcipretura di San Casciano, acquisito dal ministero della Cultura per diventare “la casa” dei Bronzi. “Tra un anno potrà essere aperto al pubblico”, ha annunciato oggi il direttore generale Musei del Mic, Massimo Osanna, che ha curato la mostra insieme a Jacopo Tabolli, professore di Etruscologia dell’Università per stranieri di Siena.
“Questa mostra nasce da un lavoro di squadra che ha svolto uno scavo realizzato in maniera metodologicamente ineccepibile nonostante le condizioni di disagio dovute alla presenza del fango. Si tratta di un risultato eccezionale non solo nella quantità del materiale scoperto, ma soprattutto nella qualità della conoscenza che ci permette di ricostruire il contesto a 360 gradi”, ha detto Osanna. Il bronzo e l’acqua calda sono la cifra che caratterizza tutto il percorso espositivo, a partire dai reperti risalenti all’età del bronzo e provenienti da altri siti etruschi. Ed è proprio l’acqua calda, riprodotta in mostra attraverso dei fondali blu, che ha permesso il perfetto stato di conservazione a cui i bronzi sono arrivati fino a noi. “Un fulmine caduto sul santuario durante l’età di Tiberio fu interpretato come segnale del dio che parla agli umani- ha spiegato Osanna- e, per purificare l’area profanata, le statue dei malati, degli dei e gli ex voto furono deposti all’interno della vasca, sigillati nel fango e chiusi da uno strato di tegole. Sopra, fu apposta la riproduzione di un fulmine in bronzo, e questo ha fatto sì che le statue fossero lasciate in quell’area sacra, nascoste per sempre agli occhi degli uomini“.
Nel corso dei secoli, quel luogo restò sacro e il legame tra l’acqua calda e il bronzo rimase intatto, anche se cambiò forma: non più statue votive, ma monete. Migliaia di monete riemerse dal fango nelle mani dell’équipe formata da archeologi, geologi, architetti, ingegneri. Un’impresa che riprenderà con una ulteriore campagna di scavi. “Non sappiamo quello che il santuario ci serba- ha detto infine Osanna- ma sono sicuro ci saranno ancora molte sorprese”. Come per esempio le strutture della Scuola medica che era presente all’interno del complesso termale, splendidamente testimoniata in mostra dalla statua dell’Apollo danzante. Con i capelli al vento, il dio era deposto, e così è restituito al pubblico, assieme a placche poliviscerali e uno strumento chirurgico, segno della presenza della Scuola. E poi la statua di divinità femminile con dedica in etrusco al Flere di Havens, il Nume della fonte, e un commovente efebo malato, e forse guarito, con un’iscrizione in latino a testimonianza dell’offerta a Fons, l’acqua calda.
La mostra così pone i visitatori di fronte a un mondo multiculturale e plurilinguistico, cifra costitutiva di questo luogo sacro. Un’offerente femminile, nella sua rappresentazione in intelligenza artificiale, e un giovane togato, produzione toreutica dei primi anni del II secolo avanti Cristo sono il segno di chi si recava a pregare presso la fonte termale. È probabilmente questa la grandezza della scoperta avvenuta a San Casciano, partita 30 anni fa con la richiesta dell’amministrazione comunale di tutelare quell’area, nonostante al tempo fosse soltanto un luogo di vegetazione. “C’era una memoria cinquecentesca della presenza di bagni- ha raccontato Tabolli- la richiesta della comunità locale fu lungimirante. Da lì nasce il progetto di ricerca, fatto di successi e insuccessi. Nel 2019, il primo anno, non abbiamo trovato assolutamente niente. Lavoravamo in mezzo al fango e all’acqua calda a 42 gradi“. Ma lo sforzo del team è stato premiato ed è arrivata la stupefacente scoperta. “Si tratta per adesso di un pezzo piccolissimo di un santuario molto più grande che dura sette secoli, dal III avanti Cristo al IV dopo Cristo. Il racconto della mostra è un racconto umano, non sono solo rappresentazioni di divinità, ma anche di donne e uomini“.
In quel luogo sacro ma anche di cura, dove i malati si recavano portando agli dei i loro oggetti votivi in bronzo sorgerà un Parco archeologico. “Stiamo pensando al futuro- ha detto Luigi La Rocca, direttore generale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio del Mic– e attraverso l’acquisizione dei terreni ancora di proprietà privata apriremo il Parco archeologico di San Casciano. I fondi per i terreni, pari a 60mila euro, sono già stati stanziati e il Parco procederà insieme al procedere degli scavi. È un processo step by step che inizieremo il prima possibile. In un anno, un anno e mezzo, potremmo avviare il Parco o comunque mettere parte del Parco a disposizione del pubblico”.
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