La cucina d’agriturismo sì, può essere contemporanea quando si tratta di una realtà come Seguire le Botti, dove la visione della proprietà, la famiglia Pandolfo, si armonizza con la filosofia dello chef Pasquale Minciguerra, svincolandosi dai canoni tradizionali di cucina di campagna fatta solo di “fiamminghe” di cibo e tovagliato a scacchi bianchi e rossi. La cucina dello chef Minciguerra, che valorizza il territorio dall’Agro Pontino con il coinvolgimento di realtà locali come quelle di casari, allevatori e contadini, dà per esempio largo spazio al vegetale, lavorandolo con tecnica e creatività.
Lampante in questo senso è il Benvenuto dello chef, decisamente poco ortodosso per un agriturismo, composto da diverse amuse-bouche stagionali servite su scenografiche alzatine in legno di palo di vite. Si va dalla Giardiniera Invernale che gioca con le cotture e le consistenze, al Sorbetto alla cipolla rossa, fino al divertente Raviolo di Verza, in cui la foglia dell’ortaggio cotta al vapore fa le veci della sfoglia di pasta, per poi essere coppata e riempita con verza ripassata e pecorino. Anche il servizio da Seguire le Botti si emancipa dal classico servizio da agriturismo, diventando più raffinato senza perdere quel necessario calore dell’ospitalità di campagna. Un mise en place raffinata e artigianale, creata ad hoc da maestranze locali dal poggia posate fino al piatto da dessert, incornicia una tavola unica nel suo genere.
In una cucina che punta invece a far tesoro dei sapori della memoria, con loro il bagaglio di cultura gastronomica locale, rendendo unico e variegato il nostro Paese, oggi è contemporaneo lo slancio di molti chef impegnati a livello regionale a dare nuova linfa a piatti simbolo della tradizione attingendo dalle dispense degli avi ma utilizzando tecniche moderne. Con una visita in Sardegna, presso il Ristorante Calamosca di Cagliari, il menu messo a punto dallo chef Michele Ferrara, rimarca questo concetto, un cucina identitaria e contemporanea capace di creare una continuità tra ieri e oggi. In carta piatti come Furia nel sottobosco, un antipasto che celebra le abitudini alimentari dei sardi, grandi consumatori di carne equina, composto da una battuta di filetto di cavallo condita con capperi di Pantelleria, pinoli tostati, pomodoro secco, basilico, tuorlo fritto, chips di topinambur, erbette e olio: una pietanza dal bilanciamento studiato per legare il gusto particolare di questo tipo di carne con la croccantezza, la scioglievolezza e la giusta grassezza del tuorlo fritto. Altro esempio di omaggio alla tradizione sarda è quella di riadattare lo “Scabecciu”, un condimento prima solo destinato alla conservazione del pesce e poi divenuto piatto tipico delle case dell’isola, in accompagnamento in menu al Polpo fritto, qui arricchito da “Scabecciu” in agrodolce con pomodoro, olive e cipolla di Tropea.
Temi quali sostenibilità, filiera certificata e stagionalità sono invece oggi la linfa che rende contemporanea anche la cucina di molti progetti di alta gastronomia come quello del ristorante capitolino del Moma dei fratelli Pierini, stella Michelin dal 2018. Qui la cucina dello chef Andrea Pasqualucci mette al centro il concetto di sostenibilità con una cucina circolare e zero-sprechi, principio quest’ultimo di non facile realizzazione se si parla poi di un ristorante fine dining. Un esempio? Pollo in due servizi, un piatto in cui la tecnica è messa al servizio del gusto e del principio no-waste: il petto con le spugnole compone la farcia in un roll di foglie di bieta servito su un fondo alla cacciatora con grani di senape e salsa al foie gras, la coscia è cotta a bassa temperatura ottenendo una gradevole consistenza grazie alla croccantezza della sua pelle mentre il collo, farcito con un ragu di interiora, viene servito con spuma di cipolle spolverata con scaglie di cioccolato 80%. In una società che sempre più rifiuta l’imposizione di inutili sovrastrutture e rigide etichette, altro incontrovertibile elemento di contemporaneità è un servizio dinamico, morbido e senza inutili ingessature, ciò che concorre a creare anche in uno stellato, un’atmosfera di piacevole eleganza e rilassata compostezza, al timone della sala del Moma il giovane e competente Maître e Restaurant Manager Federico Silvi.
Si fa portavoce di contemporaneità in due differenti indirizzi lo Chef stellato Giuseppe Di Iorio, Executive sia di Aroma a Palazzo Manfredi, che di Rhinoceros Le Restau. La sua impronta, chiara e decisa, reinterpreta in chiave attuale due grandi concetti che sono la cifra dei ristoranti che guida per la Manfredi Fine Hotels Collection: da un lato c’è la riscoperta della mediterraneità in chiave contemporanea, quella protagonista sull’esclusiva terrazza di Aroma, vista Colosseo. Qui Di Iorio, insieme al suo Resident chef Fabio Sangiovanni, presenta piatti i cui sapori riconducono alle terre bagnate dal mar Mediterraneo, dando vita a una cucina fatta di inclusione, con l’unione di tradizioni e sapori, in un variopinto melting pot che si avvale di ingredienti preziosi. Per Di Iorio, infatti, la vera sfida della cucina contemporanea sta proprio nel reperimento di una materia prima eccellente, imprescindibile passo per una proposta gastronomica in grado di stupire per la sua essenza, restituendo al palato autenticità.
Coniuga invece tutta l’emotività del ricordo alle tecniche più sofisticate il percorso che offre da Rhinoceros Le Restau, dove l’esperienza da vivere su una delle più belle terrazze capitoline è quella che accende i riflettori sulla stratificazione artistica e culturale della Città Eterna, mentre in tavola sfilano piatti che celebrano la tradizione romana – e italiana -, in grado di risvegliare alla memoria sensazioni già note, sublimate da un’esecuzione più che mai proiettata verso il futuro. Qui, l’Executive Chef Giuseppe Di Iorio, con il Resident Chef Alessandro Marata, rielabora piatti sontuosi come il Bottone cacio & pepe al mare, in cui la famosa cremina di pecorino romano e pepe diviene farcia per la pasta ripiena, accompagnata da aromi di mare, grazie alla cottura in brodo di cozze, insieme a una chips di crostacei. E nell’incontro tra mare e montagna, menzione speciale va al piatto Luciana incontra Amatrice e fanno una calaMarata, pietanza nata per dimostrare come l’incontro di alcuni sapori forti possa dar vita a un accostamento armonioso che esalta i singoli gusti, in un sodalizio tutto contemporaneo tra il polpo della salsa alla luciana e il guanciale dell’amatriciana. Uno dei portati più entusiasmanti della contemporaneaità gastronomica è, senza molti dubbi, anche la nascita delle nuove osterie moderne, ristoranti disimpegnati e polifonici, con più di un anima e focus sul divertimento.
A Il Marchese per esempio, il ristorante-osteria degli amici Lorenzo Renzi e Davide Solari presente sia a Roma, dove è nato, che a Milano, dove è stata aperta una seconda sede nel ‘22, la commistione di una cucina romana d’imporonta tradizionale eseguita con tecniche moderne incontra la grande mixology d’autore. Il progetto, nato per unire cucina di territorio e Amaro Bar – Il Marchese è anche primo Amaro Bar d’Europa -apre la strada a quella esigenza di divertimento, in un ambiente glamour e disimpegnato, che risponde Presente! durante tutto l’arco della giornata (Il Marchese è aperto tutti i giorni dalle 12.30 alle 02.00 di notte). A Il Marchese l’Excutive Chef Daniele Roppo propone così piatti della tradizione capitolina allegeriti con tencinche di cucina contemporanea come nel Filetto di vitello come un saltimbocca, cotto a bassa temperatura e poi nappato in padella, accompagnato con salvia fritta e prosciutto crudo croccante. Il barmanger Fabrizio Valeriani invece lavora ad una drink list completa e complessa che ha però al suo interno il cocktail perfetto da abbianare ad ogni piatto della cucina romana dello chef, come nel pairing a contrasto del Paloma Cavour alla Carbonara, in cui il drink rinfresca e prepara il palato ai toni decisi del grande primo capitolino, o il Cavaliere di Franciacorta nato come abbianamento per le Crocchette di baccalà mantecato e le Crocchette di bollito in salsa verde data la sua natura di cocktail leggero, fresco e con una punta di piccante.
Ma nella riflessione sulla cucina e sul suo essere contemporanea non si può prescindere dalla capacità di entrare in contatto gli uni con gli altri grazie alla tecnologia, fatto che ha reso quotidiano per tutti il concetto di condivisione. Risponde a questo il progetto gastronomico di Gusta uno spazio la cui anima si adatta allo scorrere della giornata, con il bar aperto dalla mattina per le colazioni, fino all’aperitivo, e la cucina attiva per un pranzo smart o la cena. Gli ambienti dedicati ai momenti di convivialità sono ospitati all’interno di uno spazio che del valicare i confini ha fatto la sua cifra, collocandosi in un’area all’interno del complesso Città del Sole di Roma, attigua all’atelier delle lussuose moto MVAgusta, in cui il ristorante si trova. Da Gusta si può scegliere da un menu orizzontale senza gerarchia di piatti nel servizio, un invito a provare tante cose diverse, in una formula traducibile con il “para compartir” tra commensali. I sapori di questa tavola sono spesso provenienti anche da altre parti del mondo, in un melting pot di gusti che regala un’esperienza più che mai contemporanea, si passa così da un croccantissimo Supplì alla romana, allo speziato e intrigante Hummus di ceci, la cui ricetta è stata messa a punto dallo chef Edorardo Conti proprio nel corso delle sue esperienze all’estero. Si prosegue con l’Abanico di patanegra, servito con cicoria saltata, in un mix irresistibile, fino alla Focaccia col pastrami homemade che omaggia la preparazione tendenzialmente destinata allo street food.