IL PROFETA E LA DIVA
Giuseppe Manfridi
Pier Paolo Pasolini e Maria Callas
La storia di un amore impossibile
nel nuovo romanzo di Giuseppe Manfridi
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È il 1969. Accadono magie sconvolgenti nella cittadina turca di Gö reme, e accadono tutte nell’arco di una sola notte susseguente a un’intensa giornata di riprese dedicata alla lavorazione del film Medea, di cui è protagonista la più grande cantante lirica di tutti i tempi: Maria Callas. Nel ruolo di Giasone, amante di Medea, un campione di salto triplo reduce da due record del mondo alle Olimpiadi messicane dell’anno prima: Giuseppe Gentile. Regista del film: Pier Paolo Pasolini.
In questo romanzo tutto è vero e tutto è alterato. È soprattutto vero che, sul set, tra Maria e Pier Paolo nacque un amore tanto potente quanto impossibile da vivere, giacché il desiderio di normalità di lei non avrebbe mai potuto conciliarsi con la sessualità di lui, ideologicamente votato a non derogare dalla sua eretica e inesausta fame di corpi. Tuttavia, è proprio in questa impossibilità che si insinua l’alterazione di una favola intessuta di prodigi che hanno il sapore di continui colpi di scena. Visioni folgoranti e incessanti rivelazioni compongono, infatti, una trama al contempo tenebrosa e lucente, traversata da magnifici fantasmi, come quelli di Caravaggio, di Masaccio, del carismatico Roberto Longhi (l’unico che Pasolini abbia riconosciuto come suo Maestro), dell’eroe ceko Jan Palach e anche dell’uomo più ricco del mondo, Aristotele Onassis. Con la potenza di un sortilegio, il dipanarsi della trama condurrà i suoi protagonisti attraverso snodi cruciali delle loro esistenze sino al compiersi di un esito inimmaginabile.
Dopo l’ultimo ciak di Medea, Manfridi immagina una lunga notte di confidenze a due voci (Maria Callas e Giuseppe Gentile) su cui aleggia l’invisibile presenza di un terzo protagonista: Pier Paolo Pasolini. Spunto del romanzo, l’amore struggente e incompiuto che sul set del film scoppiò tra la Callas e Pasolini: lui platonicamente rapito dalla tenera fragilità̀ della Diva, lei strenuamente convinta di poter conquistare il Profeta, e averne addirittura un figlio.
DAL TESTO
Ancor prima d’essere avvicinata, Maria dice restando impassibile: «Ero talmente sicura che saresti venuto che non ho avuto nemmeno la sensazione di starti ad aspettare. – Lascia scorrere un paio di secondi e aggiunge: – Pensare che questa mattina il telefono non ha neppure squillato, e ora eccoti qua». Fa parte dei loro accordi stabilire appena svegli un eventuale incontro serale con uno squillo di telefono, o per dire: «Verrò !» o per domandare: «Verrai?», ma ora dovrebbe essere lui a dirle: «Eccoti qui» ma non lo fa. In silenzio, Pier Paolo va a sedersi sul divanetto a fianco a lei. “È inutile divagare, – pensa. – Ho deciso di regalarle un anello”.
Giuseppe Manfridi è considerato uno dei massimi drammaturghi italiani, è autore di commedie rappresentate in tutto il mondo. Fra i suoi titoli di maggior successo figurano Giacomo, il prepotente e Ti amo, Maria! (1989), rappresentati nei maggiori teatri italiani. Ha firmato le sceneggiature di film di successo come Ultrà (1991), Maniaci sentimentali (1994) e Vite strozzate (1996). Ha debuttato nella narrativa con il romanzo Cronache dal paesaggio (Gremese, 2006, finalista al Premio Strega), a cui sono seguiti: La cuspide di ghiaccio (Gremese, 2008) e, recentemente, il fortunato Anja, la segretaria di Dostoevskij (La Lepre Edizioni, 2019).