Bruno Cascio è uno dei direttori della fotografia più importanti del cinema italiano. Tanti premi fra cui un David di Donatello nel 1994, e numerose collaborazioni con i più importanti nomi della cinematografia italiana: da Luciano Emmer a Sergio Martino, da Pasquale Pozzessere a Massimo Spano.
Instancabile tutt’oggi, nelle ultime settimane Cascio è stato il direttore della fotografia di un film indipendente dal titolo “A mamma non piace“. E lo abbiamo raggiunto sul set per intervistarlo.
Quali sono le sensazioni di questo suo ultimo lavoro nel film “A mamma non piace”?
“È stato un film interessante, ho accettato questo film per amicizia con il regista Gianni Leacche. Avevamo lavorato insieme soltanto per pochi giorni in passato, mi sarebbe piaciuto fare un film con lui, e questa è stata l’occasione giusta. Lo ammiro molto perchè è un regista molto tecnico. Io ho la luce espressa, lui la regia espressa, quindi ci siamo uniti nel nome dell’espresso. Il film sta venendo bene, abbiamo avuto fortuna anche con le location. Alcune sono cambiate all’ultimo, e le nuove sono risultate migliori delle prime. Ho cercato di fare la mia solita bella fotografia e speriamo che il film vada bene per il pubblico”.
Lei è un nome riconosciuto a livello internazionale. Che differenza c’è nel lavorare con una produzione indipendente rispetto ai titani della cinematografia?
“Lavorare con un film indipendente significa dividersi in tre, devi avere occhi ovunque, avendo un solo macchinista ed un elettricista che fra l’altro in quanto giovani vanno guidati. E posso permettermi di farlo avendo 51 anni di cinema, dopo il Rossellini ho fatto una gavetta enorme. Sono 30 anni che faccio la fotografia. Quando vedo un giovane capisco dopo pochi minuti se è capace o deve fare ancora gavetta. Si fa in amicizia, accetto questi film per passione, che è quella che mi spinge. Sono in pensione perchè i registi di Serie A con cui collaboravo non lavorano più: Pozzessere, Sergio Martino, Massimo Spano. Ma accetto questi piccoli film perchè fin quando avrò passione e il fisico mi regge sarò a disposizione di chiunque mi voglia chiamare”.
Il cinema italiano si risolleverà rispetto ai fasti degli anni scorsi?
“Non lo so, i registi giovani ce ne sono ma mancano i produttori. Oramai si sono lanciati tutti sulle serie, per la tv o per le piattaforme. Un film è sempre una scommessa, perchè magari fai un film che costa un milione e incassi 100.000 euro. La sala è in crisi per tanti motivi. In primis perchè guardano tutti i film sul telefonino. Dovremmo essere più internazionali e dovremmo fare prodotti di qualità per mandarli all’estero. Quando eravamo chiusi in casa per il covid ho scoperto le serie e i film di tutto il mondo, e son fatte tutte bene. Un prodotto che stai lì per un’ora e mezza e aspetti l’altro subito se è una serie. Il livello si è alzato anche in paesi come Korea, Cina, Bulgaria, Polonia, Turchia. Noi facciamo film belli quasi solo con grandi budget altrimenti siamo un po’ monchi in questo confronto”.
C’è speranza per il futuro dell’industria cinematografica italiana?
“Spero di sì, soprattuto per i giovani perchè io la carriera oramai l’ho fatta. Sinceramente ed obiettivamente però credo sia molto difficile”.
Intervista a cura di Alberto Caccia