Ilaria Solazzo, giornalista pubblicista e blogger, ha intervistato oggi per noi de “La Gazzetta di Roma”, l’artista Annelise Atzori
ILARIA – Passione, impegno e curiosità verso il mondo: sono queste le qualità che accompagnano fin dagli esordi il lavoro di Annelise Atzori. Quali sono i tuoi riferimenti che ti ispirano, nell’arte?
ANNELISE – Sono una persona curiosa e senza pregiudizi e quindi mi accade spesso di trovare spunti interessanti in tutte le mostre che visito. I lavori degli artisti hanno sempre qualcosa da insegnare.
ILARIA – La moda: passione e sofferenza per chi tenta di emergere.
ANNELISE – È un settore particolarmente complicato, ha delle caratteristiche che lo rendono diverso da tutti gli altri. Nel comparto moda ci si rende conto che, a volte, il solo talento e la grande disciplina non bastano. Per me la seconda è fondamentale, però per molti creativi è quasi un ossimoro. Un approccio troppo preciso non funziona anche se, in seguito, l’estro deve incontrare il marketing, altrimenti gli abiti non si vendono. In un momento storico complesso, i designer hanno bisogno di diventare imprenditori di loro stessi. Non mi considero arrivata e, tuttora, mi ritrovo in un viaggio che ha molteplici mete.
ILARIA – Che importanza ha per te il genius loci all’interno del tuo lavoro?
ANNELISE – Lo spirito di un luogo, i suoi tratti distintivi sono importanti. Oggi si parla poco di genius loci. Se lo penso riferito a me e al mio lavoro, sicuramente essere nata in Germania e cresciuta in Sardegna, vivere su quest’isola magnifica ha influito sui miei gusti e sulle mie attitudini. Allo stesso tempo lavorare a Parigi, Milano, New York, Dubai… ed essere connessa alla loro cultura mi ha permesso di allargare la mia visione e capire meglio l’Italia e l’Estero.
ILARIA – In un’epoca definita della post verità, ha ancora importanza e forza il concetto di sacro?
ANNELISE – L’epoca della post verità ci ha portato a essere più condizionati dalle emozioni personali, dalle tante soggettività che la rete fa affiorare. Per questo penso che ciascuno di noi abbia dei valori che sono sacri e irrinunciabili.
ILARIA – Designer e imprenditrice di te stessa. Le due anime possono convivere?
ANNELISE – Lo definirei un rapporto catulliano: “Odi et amo”. Se si pensa al punto di vista creativo non è conciliabile con l’aspetto manageriale. Sono libera, ma vincolata. E, se desidero produrre una linea di successo, devo necessariamente entrare in contatto con la parte imprenditoriale. Molte volte mi risulta ostica, ma è importante poiché non riuscirei a portare avanti ciò che faccio. Vorrei dire che la mia mente non si fa influenzare di nulla perché abita un ‘infinita creatività. Mi detta ciò che devo creare in un mondo infinito. Fino ad azzeccare l’originalità unica, assoluta, quella che piace a me… E infine ai più. Nulla diventa impossibile per me: lavorare in questo modo, senza vincoli, porta la mia idea ovunque, accompagnando il tutto dalla mia lunga esperienza in tanti settori dell’arte.
Mi porta in orizzonti lontani senza problemi, arrivando a risultati unici come una magia, cerco di disegnare e creare un abito e deve avere una forma anatomica per valorizzare la bellezza di tutte le donna. Questa è la mia filosofia nel creare.
ILARIA – Quali sono stati e sono oggi i punti e i momenti di incontro ‒ e di scontro ‒ fra il mondo della moda e quello del design?
ANNELISE – Non trovo che esista una contrapposizione tra i due mondi. La moda si è polverizzata in una babele di forme espressive alle quali si cerca di dare dei valori coerenti: l’etica, il riciclo, il riconoscimento dei generi… Ma l’avvicendamento dei linguaggi è talmente veloce da portare, in moltissimi casi, a un consumismo senza valori. Il design di progetto è molto più curioso rispetto ai processi produttivi e non si lascia influenzare dal mainstream. Nell’atto creativo, il designer usa la tecnologia in forma espressiva, come linguaggio. Il processo produttivo traspare e influenza il risultato estetico.
ILARIA – Qual è il progetto che ti rappresenta di più? Puoi raccontarci la sua genesi?
ANNELISE – Quello che voglio precisare è che il lavoro dell’artista non è sfondo della sfilata, ma opera immersiva. Ogni volta è diverso perché ogni artista ha un suo modo di rispondere alla mia proposta. Ogni artista è lasciato libero nel suo progetto.
ILARIA – Chi sono stati i suoi maestri?
ANNELISE – Sono nata artista. Dio mi ha donato molteplici talenti, quindi spazio nelle varie arti. Da bambina pensavo solo a disegnare, il mio primo maestro è stato un artista astrattista, Paolo Schiavocampo. In seguito, la mia ammirazione si è rivolta ai “padri” del design della generazione di Achille Castiglioni e Bruno Munari. Non sentivo di appartenere al mondo dei grandi couturier; penso però che, con i suoi abiti minimali di organzino stampato, Emilio Pucci sia stato un creatore di moda visionario. I suoi pantaloni elastici hanno anticipato il processo di performatività del vestire senza rinunciare all’immagine di alta moda.
ILARIA – Il tuo lavoro è stato ospitato da musei in tutto il mondo. Se tu potessi scegliere un’istituzione per esporre l’insieme delle tue creazioni, oggi, a chi le affideresti?
ANNELISE – Sceglierei sicuramente un museo del mondo anglosassone, per far capire il significato improprio, ma complesso e innovativo, che nella metà del secolo scorso i milanesi hanno dato al temine “design”.
ILARIA – Quali consigli daresti a un giovane che voglia intraprendere la vostra strada?
ANNELISE – C’è un libretto molto interessante scritto da Gianfranco Ferré che mi piace ricordare perché è italiano ed è uno dei direttori artistici di Dior: Lettres à un jeune couturier, in cui appunto risponde a un aspirante couturier elencando tutte le difficoltà e le sfide di questo mestiere. Il mio consiglio è quello di studiare ed essere connessi al mondo e lavorare moltissimo. Io non avrei mai immaginato di arrivare dove sono arrivata. Ma la mia passione e il mio impegno quotidiano, il mio essere sempre interessata a capire quello in cui mi trovavo coinvolta, con il senno di poi sono stati fondamentali per la mia carriera.
ILARIA – Come immagini il futuro? Sapresti darci tre idee che secondo te guideranno i prossimi anni?
ANNELISE – Una mia amica recentemente mi ha mandato questa citazione di Bruno Latour che mi sono appuntata: “Le cose cambiano così velocemente che per noi è difficile star loro dietro”. Per fortuna il futuro non è immaginabile. È una continua sorpresa a cui noi cerchiamo di dare risposte adeguate.