La Valle dei Platani, un museo a cielo aperto nel cuore della capitale

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Un monumento naturale all’interno di Villa Borghese, una delle ville storiche più belle del mondo. La Valle dei Platani è un’oasi di pace e silenzio nel cuore di Roma, un luogo di straordinaria bellezza che si distende tra il Bioparco e la Galleria Borghese e che ospita l’unica isola urbana di antichi platani orientali presente in Occidente, un unicum dal punto di vista botanico, paesaggistico, ambientale e storico. Nei primi anni del 1600, il Cardinale Scipione Caffarelli Borghese, a cui si deve la costruzione della villa, ne fece piantare circa 40, oggi i superstiti sono 11, delimitati da una bassa recinzione per motivi di sicurezza, ma soprattutto per tutelare le piante proteggendo le radici dal calpestio che compatta il suolo e impedisce ad aria e acqua di raggiungere facilmente l’apparato radicale.

 

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Per salvaguardare e preservare i platani, inseriti anche nell’elenco degli Alberi Monumentali d’Italiasono stati realizzati interventi di rigenerazione del suolo, attraverso lo scavo di piccole trincee in modo da restituire fertilità al terreno, ed effettuate potature dei platani vicini per migliorarne l’esposizione alla luce. Un’operazione realizzata dal Comitato organizzatore dello storico concorso ippico di piazza di Siena (Fise e Sport & Salute), in collaborazione con il Dipartimento Tutela Ambientale di Roma Capitale e con il concreto supporto dell’associazione Amici di Villa Borghese che ha anche commissionato e finanziato alcuni studi scientifici.

 

L’obiettivo è quello non solo di conservare al meglio questi magnifici esemplari di Platanus Orientalis L., definiti nel 2000 da Peter Raven, uno dei massimi botanici viventi, “preziose reliquie viventi, capolavori insostituibili e impareggiabili quanto il David di Donatello”, ma anche di riprodurre e propagare un patrimonio genetico unico. Per questo, nel 2021, è stato avviato un progetto di preservazione del genoma antico dei platani con la messa a dimora all’interno della valle del primo clone di Platanus Orientalis, riprodotto per taleauna tecnica di riproduzione vegetativa che utilizza parte di una pianta, in questo caso presa da uno degli 11 esemplari superstiti.

 

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L’albero sta crescendo bene “in maniera rigogliosa e al di sopra delle previsioni, è come se avesse trovato casa”, sottolineano dal Dipartimento Tutela Ambientale, un’evoluzione seguita attentamente e costantemente anche dalla Sapienza – Dipartimento di Biologia Ambientale e dall’Orto Botanico, a seguito di un accordo di collaborazione firmato nel 2023 dall’Università e da Roma Capitale. Questa intesa triennale porterà allo studio e alla sperimentazione di tecniche diverse di propagazione, finalizzate alla trasmissione alle future generazioni di questo importante patrimonio genetico dei platani monumentali e, a seguire, si estenderà alla propagazione del patrimonio genetico antico delle altre specie monumentali di Roma.

 

 

LA STORIA

La Valle dei Platani, nel Seicento, rappresentava la parte rustica della villa, il cosiddetto “Barco”, ed era denominata anche Valle del Graziano, “dal nome della famiglia Graziani, antica proprietaria dei terreni” – come sottolineato in uno dei 18 pannelli didattici installati lo scorso dicembre dalla Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali nell’ambito del progetto “Villa Borghese si racconta”.

 

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In quel periodo, come testimoniano le fonti dell’epoca, la valle era percorsa da un lungo canale che alimentava una peschiera centrale. Successivamente lo specchio d’acqua fu sempre più ampliato formando una sorta di laghetto rettangolare (lungo 160 metri e largo 27), con due isolotti (ognuno con al centro due platani), collegati a riva con dei ponticelli e destinati alla sosta di anatre, uccelli e cigni. L’aspetto della valle restò immutato fino alla fine del XVIII secolo, quando fu creato un nuovo specchio d’acqua all’interno di Villa Borghese, nel Giardino del Lago, con il conseguente prosciugamento dell’antica peschiera. Questo intervento alterò irreparabilmente l’equilibrio idrogeologico dell’area e causò la progressiva morte di molti esemplari degli originari platani seicenteschi.

 

 

A.B.

 

 

 

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