a cura dell’Ambasciata del Perù in Italia e del Consolato Generale del Perù a Roma
Per l’opinione pubblica, risulta sicuramente confusa la prolifica informazione giornalistica che negli ultimi anni racconta i casi di diversi Paesi dell’emisfero americano, in cui il sistema democratico è stato messo in discussione o a rischio da settori informali della sua stessa
popolazione.
Il caso del Perù è il più recente e cercheremo di offrire alcune informazioni di base che spieghino la natura e la portata della crisi politica e sociale che si è manifestata attraverso
violente proteste, che presentano alcune similitudini con quelle che si sono verificate anche tra ottobre 2019 e gennaio 2023 nei cinque Paesi che circondano il territorio peruviano.
Analizziamo quindi il caso del Perù, che nel 2021 ha commemorato i 200 anni dell’indipendenza e che dopo elezioni fortemente polarizzate ha visto eletta la lista del partito Perú Libre, guidata da Pedro Castillo come Presidente della Repubblica,
e Dina Boluarte come Vice Presidente.
Questa era la fotografia del 28 luglio 2021. Tuttavia, sarà utile esaminare più da vicino il contesto e il processo politico che ha dato origine alla polarizzazione che il Paese ha vissuto
negli ultimi cinque anni.
Nel 2016, il Presidente eletto al secondo turno ha affrontato un’opposizione dura in parlamento, che ha provocato un livello di instabilità tale da generare le condizioni per le sue dimissioni nel marzo 2018 e l’attivazione del meccanismo di successione presidenziale a favore del suo Vice Presidente.
Diversi e importanti eventi critici si sono verificati negli anni successivi, tra cui lo scioglimento del Congresso, l’assenza di un Presidente in carica nel 2020 e il successivo insediamento di due parlamentari come Presidenti transitori, fino all’elezione di Pedro Castillo nel 2021.
Due aspetti fondamentali di questo quadro confuso vanno evidenziati. Il primo è che tutti questi cambiamenti sono avvenuti rispettando il quadro normativo della Costituzione e
della legge.
Il secondo ha a che fare con un problema ricorrente che si determina a causa della modalità con cui viene eletto il Congresso al momento delle elezioni del primo turno presidenziale; tant’è che possiamo verificare che dal 2001 i cinque Presidenti della Repubblica che si sono susseguiti, sono stati eletti in un secondo turno elettorale. Per
spiegarlo meglio, prendiamo come esempio i risultati della conformazione parlamentare e del primo turno presidenziale delle elezioni degli anni 2016 e 2021:
In questo contesto, la vita politica del Paese è stata sempre più influenzata da un’intensa e costante lotta di potere tra esecutivo e legislativo (di solito con una maggioranza di opposizione), che ha influenzato la governabilità e la qualità della gestione pubblica per lo sviluppo e il benessere e che ha determinato anche una significativa polarizzazione politica
in ampi settori della popolazione.
Nonostante questa concatenazione di eventi, la relativamente giovane democrazia peruviana ha mantenuto la sua istituzionalità. Rispettosa dell’indipendenza dei poteri, delle
ampie libertà di stampa e di espressione, nonché di una politica generale di tutela dei diritti umani, essa soffre tuttavia di altri due problemi sostanziali che hanno esacerbato la crisi
del sistema: la diffusa corruzione pubblica e privata, che rende meno efficaci le capacità investigative indipendenti della Magistratura e l’indebolimento dei partiti politici e delle
loro strutture partitiche, che sono sempre più incapaci di promuovere candidati con esperienza e credenziali nell’ambito della gestione pubblica.
Ricostruiamo ora con questi elementi la congiuntura politica tra luglio 2021 e dicembre 2022. Pedro Castillo ha ottenuto il 19% dei voti al primo turno, con un proprio bacino
elettorale che si concentrava principalmente nelle regioni andine e meridionali del Paese.
Come risultato dell’estrema polarizzazione tra i due candidati più votati, al secondo turno
Castillo ha battuto la sua avversaria, Keiko Fujimori, di poco più di 40.000 voti su un totale di 18,8 milioni di elettori. In parlamento, tuttavia, il quadro politico è distinto, perché a
seguito di alleanze politiche, il Presidente Pedro Castillo (come molti dei suoi predecessori) non è riuscito ad avere una maggioranza che potesse sostenere le azioni del suo governo.
Lo scenario iniziale in cui si è insediato questo nuovo governo appariva già compromesso dalla campagna di disinformazione promossa dai partiti di opposizione con false accuse di brogli elettorali e si è aggravato, nei successivi 18 mesi, in particolare a causa della mancanza di dirigenti del partito di governo idonei ad occupare posizioni pubbliche di alta responsabilità e a gestire tutti i settori della pubblica amministrazione.
Tuttavia, le maggiori cause della crisi sono da rintracciarsi nelle pesanti accuse di corruzione che hanno coinvolto lo stesso Presidente Castillo, i membri stretti del suo ambiente familiare e altri membri di spicco del governo, che sono stati immediatamente
indagati dalla Magistratura, determinando una richiesta formale al Congresso al fine di attivare il meccanismo costituzionale relativo all’accusa politica del Presidente (“impeachment”).
Il 7 dicembre 2021 il Congresso si preparava a discutere e votare l’autorizzazione per il Pubblico Ministero a procedere con l’accusa costituzionale che, in pratica, avrebbe comportato la sospensione temporanea di Pedro Castillo dall’esercizio della Presidenza.
Tuttavia, il Presidente Castillo ha scelto di “cambiare le carte in tavola” e verso le undici del mattino dello stesso giorno ha fatto una dichiarazione alla rete televisiva
nazionale, annunciando la sua decisione di sciogliere incostituzionalmente il Congresso, di intervenire sul Potere Giudiziario e sulle più importanti istituzioni della Magistratura.
Il colpo di stato non ha ricevuto alcun sostegno ed è fallito su tutta la linea e Pedro Castillo è stato arrestato ed è sotto processo secondo i termini di legge.
Come era accaduto nel 2018, in applicazione della norma costituzionale, la Vice Presidente Dina Boluarte ha prestato giuramento davanti al Congresso assumendo la carica di Presidente della Repubblica a partire da quello stesso 7 dicembre.
Le manifestazioni di protesta sono iniziate immediatamente a Lima e in diverse regioni andine, soprattutto nel sud del Paese, dove si concentra la maggior parte degli elettori dell’ex Presidente, con diverse richieste tra cui: le dimissioni della Presidente Boluarte, lo scioglimento del Congresso e l’immediata convocazione di un’Assemblea Costituente.
Ben presto questemanifestazioni sono diventate sempre più violente, provocando le occupazioni di cinque aeroporti, l’incendio di numerosi locali del Potere Giudiziario e della
polizia, il blocco delle strade e il saccheggio di proprietà pubbliche e private. Ciò ha costretto le forze dell’ordine a difendere le infrastrutture critiche, determinando un alto numero di morti, nonché di feriti – civili e poliziotti – per cui il Governo e tutti noi peruviani esprimiamo il nostro profondo rammarico.
Come ha affermato il Ministro delle Relazioni Estere in più di un’occasione, “il Perù è un Paese che rispetta assolutamente i suoi impegni internazionali inmateria di diritti umani, compreso il rispetto del diritto alla protesta legittima e pacifica, differenziandolo dagli atti di violenza che minacciano l’ordine democratico e lo stato di diritto.
Il Governo peruviano si rammarica profondamente per la perdita irreparabile di vite umane verificatasi nel contesto delle proteste e degli atti di vandalismo, così come per i numerosi feriti sia civili che del corpo di polizia… Con il fermo impegno a garantire il diritto alla verità, le autorità competenti stanno svolgendo le relative indagini nei tribunali civili con imparzialità, indipendenza e in modo serrato”.
Inoltre, in seguito all’invito dello stesso Governo peruviano, la Corte Interamericana dei diritti umani e l’Ufficio dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite si sono recati in Perù per
conoscere la situazione circa il rispetto dei diritti umani e formulare raccomandazioni.
Per cercare di risolvere la crisi, la Presidente Dina Boluarte ha proposto due disegni di legge per abbreviare il suo mandato e quello del Congresso e anticipare le elezioni generali, in
modo che i cittadini peruviani possano eleggere un nuovo governo e un nuovo Congresso.
Questa iniziativa richiede una riforma costituzionale attuata da un Congresso alla seconda
legislatura consecutiva.
In sintesi e a rischio di semplificare eccessivamente, il Perù è un Paesemolto ricco, che presenta una grandissima diversità culturale e geografica, economicamente vitale e macroeconomicamente stabile, che ha vissuto in democrazia negli ultimi due decenni consentendo una significativa riduzione dal 59% al 26% dei livelli di povertà, anche se ci sono ancora notevoli divari da superare nello sviluppo sociale. Come è accaduto in altri Paesi della regione, il Perù vuole avanzare – senza interferenze esterne – nei suoi processi di riforma politica e sviluppo sociale, per ripristinare la legittimità del sistema democratico e migliorare la gestione pubblica, sulla base di un dialogo intrasociale necessario e rispettoso.
Eduardo Martinetti, Ambasciatore del Perù in Italia