La Valle del Sacco e la Terra dei fuochi: da questi due territori prende il via la campagna itinerante di Legambiente #liberidaiveleni per mettere in luce, ancora una volta, mancate bonifiche e situazioni di inquinamento su cui i cittadini, da anni, aspettano risposte pagando l’assenza di una politica trasversale e duratura per il risanamento e il rilancio dei territori. Si è partiti dalla Campania con un flash mob alle 11 sotto la Giunta regionale, per proseguire nel Lazio con la seconda tappa, alle 16 a Ceccano.
Le operazioni di bonifica sono in fortissimo ritardo rispetto ai tempi già stabiliti; serve una decisa accelerazione delle bonifiche dei siti inquinati che costellano il Paese. Tristemente esemplari le vicende che hanno caratterizzato la Valle del Sacco, che attraversa diversi comuni nella provincia di Roma e Frosinone nel basso Lazio, e la Terra dei Fuochi, anticamente denominata Terra Felix, che comprende un’ampia porzione di territorio della Campania tra la provincia di Napoli e Caserta. Aree, anticamente fertili e floride, accomunate oggi da un inquinamento pesante dei terreni, delle acque superficiali e di falda, delle colture e degli allevamenti, con conseguenti danni ambientali, sanitari ed economici, per cui sono state inserite nel programma nazionale dei siti da bonificare (SIN). Entrambe le aree, poi, sono state però “declassate” a siti di interesse regionale (SIR) nel 2013. Fortunatamente la Valle del Sacco, con un ricorso al TAR che ha visto in prima linea anche Legambiente, è stata riammessa nell’elenco dei SIN, accumulando però un notevole, ulteriore ritardo nelle azioni di bonifica.
“Il PNRR inviato dal governo Draghi a Bruxelles – dichiara il presidente di Legambiente Stefano Ciafani – dimentica le grandi aree da bonificare, i cui interventi di risanamento registrano ritardi insopportabili anche dal punto di vista della salute come dimostrano diverse indagini epidemiologiche”.
Il rimpallo di competenze che si è succeduto per 15 anni per il sito del Bacino del Fiume Sacco ha sortito l’effetto di ritardare (o di fornire “la scusante” ai soggetti attuatori) le operazioni di caratterizzazione e di bonifica dell’area. Nel 2019 con l’Accordo di Programma tra l’allora Ministero dell’Ambiente e la Regione Lazio, sembrerebbe essersi stabilizzata la macchina organizzativa, i ruoli e le competenze dei soggetti attuatori. È previsto un finanziamento di 53,6 milioni di euro, sono state stabilite le prime “priorità di intervento” che per la maggior parte riguardano la messa in sicurezza e la caratterizzazione di aree pubbliche e private. Sono stati definiti 12 interventi prioritari e le risorse rese disponibili riguardano 10 siti nella provincia di Frosinone e 2 in quella di Roma e prevedono, nell’arco dei primi quattro anni (quindi entro il 2023), all’interno dei comuni ricadenti nel SIN, operazioni di caratterizzazione che riguardano la valutazione epidemiologica dei cittadini residenti, l’inquadramento delle aree agricole ripariali e il monitoraggio delle acque (per uso potabile, irriguo e domestico).
Pesante l’impatto sanitario. Per la Valle del Sacco, nel 2019 il rapporto Sentieri (Studio Epidemiologico Nazionale dei Territori e degli Insediamenti Esposti a Rischio da Inquinamento) alla sua quinta edizione ribadisce quanto già individuato, cioè come lo “stato di salute dei residenti nella precedente perimetrazione che comprendeva nove comuni (Anagni, Colleferro, Ferentino, Gavignano, Morolo, Paliano, Segni, Sgurgola, Supino)” porta ad avere “eccessi di mortalità per tutte le cause e, tra gli uomini, eccessi di mortalità per tutti i tumori, in particolare quello dello stomaco e per malattie dell’apparato digerente. Tra le donne si evidenziavano eccessi delle malattie dell’apparato circolatorio”.
“La bonifica della Valle del Sacco deve concretizzarsi per restituire a questi territori la fruibilità, la sostenibilità ambientale e la loro bellezza – commenta Roberto Scacchi presidente di Legambiente Lazio -. Qui da oltre quindici anni, insieme a cittadini attivi, associazioni e istituzioni, abbiamo messo in campo centinaia di iniziative, denunce, processi, ricorsi vinti contro il declassamento del sito e tavoli di lavoro per l’individuazione del perimetro da bonificare; così facendo si è riusciti a porre la Valle del Sacco e la sua bonifica, in primo piano sul panorama nazionale, contro i veleni invisibili, e avvelenatori troppo spesso impuntiti, che hanno devastato la sua ricchezza ambientale e sociale. Ora si deve passare ai fatti, con una caratterizzazione completa, la bonifica dei luoghi individuati come prioritari, e iniziando contemporaneamente a pianificare tutti gli interventi necessari, con lo stanziamento delle risorse giuste, per dare gambe all’intera opera di risanamento ambientale, curando una delle più grandi ferite aperte sul nostro territorio”.
“Bisogna passare dalle parole ai fatti – prosegue Stefano Ciafani -. La riforma prospettata dalla legge 132 del 2016, che istituisce il Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente, permetterebbe di superare il problema cronico della rete dei monitoraggi pubblici a macchia di leopardo e va nella direzione giusta, ma servono subito i decreti attuativi e vanno anche garantite più risorse economiche per potenziare i controlli pubblici. Abbiamo gli strumenti della legge sui delitti ambientali, la legge 68 del 2015, che prevede anche il reato di omessa bonifica, da utilizzare sempre meglio. Vanno inoltre rafforzati e uniformati i controlli su tutto il territorio nazionale, con azioni di prevenzione e repressione”.
Per la bonifica della Valle del Sacco e della Terra dei fuochi, vista la natura agricola della maggior parte dei terreni ricadenti nei due siti, Legambiente ritiene che sarebbero da preferire tecniche di bonifica in situ tramite fitorisanamento e fitodepurazione che permetterebbero di limitare gli spostamenti di ingenti quantità di terreno (e relativi possibili traffici illeciti) mantenendo le caratteristiche e la vocazione del territorio ormai bloccate dal perdurare delle criticità. Bisogna inoltre risolvere il problema della normazione dei parametri fondamentali di qualità delle acque destinate ad uso irriguo su colture alimentari e le relative modalità di verifica. Vista la persistente contaminazione della falda che viene utilizzata per le attività di irrigazione è quanto mai necessario avere dei parametri di riferimento validi e specifici da poter applicare da parte degli organi di controllo. Più passa il tempo e più il circolo vizioso che si è venuto a creare creerà confusione, danni e illeciti.
Al flashmob erano presenti tra gli altri Rita Ambrosino presidente del circolo Legambiente Anagni e Stefano Ceccarelli presidente del circolo Legambiente “Il Cigno” di Frosinone.