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Fra il marcare un territorio per mezzo di un edificio o di un’opera d’arte e la capacità di progettare i lineamenti della vicenda umana e ricostruire una pagina inedita della storia, esiste un legame profondo. Entrambe le cose dipendono da un’illuminata committenza e da un’alta professionalità. Il felice abbinamento di questi due ruoli ha sempre costituito, nella storia passata e recente del nostro Belpaese, il necessario “cambio di marcia” per la sua crescita culturale ed economica.
Vedere affermata la propria visione in un modello ingegneristico ed architettonico o in un’opera d’arte contribuisce a dar forma al mondo che si vorrebbe costruire e governare. Visioni.
Fisionomie d’ingegno è una riflessione sull’itinerario storico della relazione tra la potenza dell’immagine e dell’architettura e tra il decidere e il concepire una visione di arte e di architettura, anche per mezzo della potenza delle immagini, come avverrà nell’Open Space, innovativo Communication Hub del Consiglio Nazionale degli Ingegneri, sorto come uno spazio aperto di confronto, un’area di approfondimento e di incontri su temi di stringente attualità e di portata epocale, come, ad esempio, la transizione ecologica, l’innovazione digitale, le più avanzate frontiere della formazione, le sfide demografiche, le nuove concezioni dello spazio urbano.
Mercoledì 10 aprile, dalle ore 18.00, alla sede del Consiglio Nazionale degli Ingegneri (Via XX Settembre 5, Roma), la fantasia artistica e la sua costante forza iconica e comunicativa saranno protagoniste di una serata all’insegna di un mistero secolare che verrà finalmente svelato.
Il prof. Francesco Buranelli, Presidente della Commissione Permanente per la Tutela dei Monumenti Storici ed Artistici della Santa Sede dialogherà con Alberto Romagnoli, consigliere CNI, approfondendo il suo sguardo acuto su uno dei maggiori presunti “scandali” della pittura italiana. Da un frammento di dipinto murale di Bernardino di Betto, detto il Pintoricchio, raffigurante la Madonna oggi in collezione privata e un tempo nell’appartamento Borgia dei Palazzi Vaticani, sarà gettata – dopo oltre seicento anni – nuova luce sui veleni di palazzo, calunnie, gelosie ed intrghi che caratterizzarono i rapporti tra le famiglie avverse al potere assoluto dei Borgia e dei Farnese nel Rinascimento.
Questo rinvenimento, infatti, ha permesso di smascherare la versione di Giorgio Vasari pubblicata nelle sue “Vite”: che per primo volle riconoscere dietro le sembianze della Vergine il ritratto di Giulia Farnese, la giovanissima raffinata ed avvenente dama di corte, chiamata “Giulia la Bella”, amante di papa Alessandro VI (Rodrigo Borgia, 1492-1503), che viene ritratto in ginocchio davanti alla Vergine.