Marco Lugli: “Il mio nuovo romanzo scritto per amore della montagna”

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Oggi abbiamo il piacere di incontrare Marco Lugli, autore di successo e creatore del commissario leccese Luigi Gelsomino, un personaggio che ha conquistato il cuore dei lettori italiani. Con il suo nuovo libro, “Come la neve nessun rumore“, Lugli ci porta in un’indagine ad alta quota in una cornice diversa dalle sue precedenti opere: la maestosa Val di Fassa. Questo sesto romanzo della serie, attesissimo dai suoi fan, non solo amplia l’universo del commissario Gelsomino ma anche le aspettative di chi ama le storie avvincenti e ben congegnate. Preceduto da titoli che hanno ottenuto grande successo, Lugli si conferma come uno degli scrittori più versatili e apprezzati del panorama letterario contemporaneo. Con un’ambientazione mozzafiato e una trama che promette di tenere i lettori con il fiato sospeso, Come la neve nessun rumore è destinato a diventare un altro tassello fondamentale nella brillante carriera di Lugli.

Può raccontarci come è nata l’idea per il suo nuovo romanzo, “Come la neve nessun rumore”? C’è stato un evento particolare che l’ha ispirata?
“Anche se nel romanzo viene citata la tragedia avvenuta sul ghiacciaio della Marmolada nel Luglio del 2022, non c’è stato nessun evento in particolare ad avermi ispirato.
Con questo romanzo volevo lasciare una traccia, nella mia bibliografia, del mio amore per la montagna e ho costruito una trama che potesse farlo in un contesto tematico di forte attualità come quello ambientale”.

La Val di Fassa è una cornice splendida e inusuale rispetto ai precedenti ambienti salentini di Gelsomino. Cosa l’ha spinta a scegliere questa location per il nuovo romanzo?
“Volendo parlare di montagna, ho scelto i luoghi che mi sono più famigliari. Ho frequentato le Dolomiti fin da bambino e la Val di Fassa in particolare anche da alpinista amatoriale.
Ho un piccolo appartamento in valle e anche se non posso più permettermi di arrampicare quelle montagne, cerco di frequentarle a piedi o in bicicletta almeno due volte l’anno”.

La descrizione della morte di Ivan è molto dettagliata e toccante. Come ha gestito l’equilibrio tra drammaticità e rispetto per il tema della morte in montagna?
“Mi sono fatto aiutare, come si può leggere anche in bibliografia, da esperienze che sono state narrate da importanti alpinisti in romanzi e documentari di montagna.
Un personaggio del libro definisce “romantica” quella morte. La verità è però che si muore sempre soli. Tutta l’enfasi romantica della morte di un alpinista mentre è nel suo ambiente, è qualcosa che appartiene sì all’alpinista quando è ancora in vita, ma soprattutto ai suoi conoscenti che preferiscono pensare che se ne sia andato proprio nel modo in cui aveva sperato succedesse”.

Nel libro, Ivan e suo padre hanno visioni contrastanti riguardo alla conservazione delle montagne. Quanto di questo conflitto riflette le sue personali opinioni sul tema ambientale?
“Il romanzo fa dialogare tra loro personaggi che sull’ambiente hanno visioni anche molto diverse, così da incoraggiare il lettore a riflettere e lasciarlo libero di abbracciare l’una o l’altra tesi.
Per quanto mi riguarda, nessuno ama la montagna più di me e gode nel vederla vergine, ma questo non mi impedisce di scorgere nelle estremizzazioni delle istanze ambientaliste alcuni pericolosi elementi di maleducazione (mi riferisco alle azioni vandaliche di gruppi come Ultima Generazione) e di anacronismo. Lasciami lanciare una provocazione: l’ambientalista “talebano” (utilizzo apposta una definizione usata da un personaggio del libro) avrebbe tutto l’interesse ideologico a lasciare che l’uomo renda il Pianeta inabitabile, perché nel momento in cui la razza umana ne risultasse estinta, il Pianeta, che le sopravviverebbe, ritroverebbe pian piano il suo equilibrio. La via maestra, a mio avviso, risiede nell’uso intelligente della tecnologia, nell’equilibrio tra uomo e natura che proprio l’innovazione scientifica può aiutare a trovare. Chi ha la mia età non ha difficoltà a ricordare che negli anni ’80 circolare in automobile in colonna voleva dire respirare fumi terribili dagli scarichi delle auto. Oggi, checché se ne dica, la qualità dell’aria è molto migliorata e ho qualche dubbio che demonizzare motori termici moderni a favore di automobili elettriche con batterie prodotte in oriente grazie ad energia ricavata dal carbone o estraendo terre rare, sia davvero “green”. Dietro certe crociate avverto la puzza di una speculazione economica. Allo stesso modo, lo sfruttamento della montagna e la deforestazione dovrebbero essere normate e arginate dalla politica alla ricerca di un punto di caduta rispettoso della Natura e delle necessita economiche delle comunità che vivono di turismo”.

Il personaggio di Gelsomino è ormai alla sua sesta indagine. Come è evoluto nel corso dei romanzi e cosa possiamo aspettarci da lui in questa nuova avventura?
“Benché come un Topolino o un James Bond qualsiasi, la sua età rimanga sostanzialmente la stessa in ogni romanzo, Gelsomino matura come ciascuno di noi nella consapevolezza di sé medesimo. Prende pian piano atto dei suoi limiti e impara di volta in volta, se non a superarli, a sfruttarli a proprio vantaggio”.

Nel suo romanzo, il freddo diventa una sorta di “arma del delitto”. Quali sfide ha affrontato nel rappresentare il freddo come un elemento narrativo cruciale?
“Nonostante si tenda a pensare che l’estate sia portatrice di benessere e l’inverno l’esatto contrario, il caldo porta con sé una componente “sporca, batterica, putrefattiva”. Al contrario il freddo è l’arma di conservazione per eccellenza. Uccide ma presenva. Un controsenso narrativamente affascinante che mi piaceva sfidare”.

Il tema della corda recisa è centrale nel romanzo. Come hai utilizzato questo elemento dal punto di vista narrativo?
“Il legame di cordata che si instaura tra due alpinisti è qualcosa di difficile da descrivere. Altruismo, egoismo, razionalità, istinto. C’è tutto al suo interno.
Ogni alpinista sa che potrebbe trovarsi di fronte alla scelta di dover recidere quel legame per salvare la propria vita a scapito di quella, ormai compromessa, del compagno. O di sacrificare la propria, per salvare quella del compagno.
Si tratta di una dinamica che può farsi metafora di situazioni di vita quotidiana per ciascuno di noi, anche per chi alpinista non è”.

Il suo stile è noto per essere semplice ma evocativo. Come riesce a mantenere questo equilibrio tra semplicità linguistica e profondità narrativa?
“La narrativa di genere – in questo caso il giallo – difficilmente può spingersi a toccare vette linguistiche elitarie. Ma rimanere popolari nella fruizione può anche aiutare l’autore a essere compreso quando desidera parlare di qualcosa di importante”.

Come autore indipendente, come gestisce il processo creativo e quello editoriale? Ci sono sfide particolari che ha dovuto superare?
“L’autore indipendente è in parte autore e in parte imprenditore di se stesso. Si fa carico di trovare e remunerare le figure di cui ha bisogno per arrivare ad un prodotto dignitoso e, successivamente, di investire per promuovere quel prodotto. Si tratta certamente di un processo faticoso, ma poi meriti e demeriti sai esattamente a chi vanno attribuiti”.

Può anticiparci qualcosa sui progetti futuri del commissario Gelsomino? Dove lo porterà la prossima indagine?
“Tornerà sulle spiagge del sud Salento. Ma l’esperienza in montagna ha lasciato il segno e una forte nostalgia”.