La madre: «Mio figlio ucciso due volte». Pallotti, Ciaramella e Ronzullo: «Noi amareggiati. Ma continueremo a lottare per la giustizia»«Oggi mio figlio è stato ucciso per la seconda volta». Così Rezana Duka, la mamma di Nikola, 21 anni, ucciso sulla strada in Umbria il 14 marzo 2019. «La prima volta», continua mamma Rezana, «mio figlio è stato
ucciso da un ubriaco alla guida con un tasso alcolico di 1.72,
contromano e a velocità massima. Oggi, 14 luglio 2022, mio figlio è
stato ucciso da chi doveva rendere giustizia».
Mamma Rezana è amareggiata: «Neanche un giorno di galera, è vergognoso.
L’unico a essere condannato è stato mio figlio, che deve passare la sua
vita a cimitero. L’unica condanna è stata inflitta a me e ai miei figli,
che dobbiamo sopravvivere con questo dolore per tutta la vita».
A esprimere la loro amarezza sono anche Alberto Pallotti e Biagio
Ciaramella, rispettivamente presidente e vicepresidente
dell’Associazione Italiana Familiari e Vittime della Strada ODV, ed
Elena Ronzullo, presidente dell’Associazione Mamme Coraggio e Vittime
della Strada ODV.
Le due associazioni erano state ammesse come parti civili al processo.
«Il responsabile ha patteggiato 4 anni», dicono, «in pratica, è come se
gli avessero dato una pacca sulla spalla. Fino a quando ci saranno
situazioni come questa, noi le stragi stradali non potremo mai fermarle.
Questa non è giustizia. Rivolgiamo un appello a tutti i giudici e i
magistrati d’Italia affinché riservino una maggiore attenzione agli
omicidi stradali e facciano sì che le pene previste vengano applicate».
L’avvocato Walter Rapattoni, legale delle due associazioni, spiega: «Il
procedimento si è concluso con un patteggiamento di 4 anni, più 5 anni
di interdizione dai pubblici uffici e la revoca della patente».
Continua: «Avevamo depositato una memoria, che il giudice ha letto, sui
limiti di velocità effettivi in vigore sul luogo della tragedia. A
seguito di un sopralluogo del vicepresidente Biagio Ciaramella, infatti,
è emerso che l’attuale limite è di 40 km orari. Sulla base di questo,
abbiamo presentato una istanza all’Anas per chiedere qual è il limite
attuale e quale quello del 2019. Ci era stata data una risposta
interlocutoria, con la quale l’Anas ha fatto sapere che si stava
provvedendo alle verifiche del caso. Abbiamo sottoposto tutto questo al
giudice in udienza, sollevando il dubbio di una necessità di
integrazione d’indagine ed eventualmente di una modifica del capo di
imputazione, perché una cosa è superare il limite di 30 km orari,
rispetto ai 90 che si ritiene fossero vigenti nella galleria. Altra cosa
è superare un limite di 40 km orari correndo a una velocità di 122.
Purtroppo la nostra richiesta non è stata accolta, però abbiamo
dimostrato che ogni volta che ci siamo noi in un processo, andiamo ad
analizzare ogni singolo aspetto».
«Anche per questo siamo amareggiati», dicono Pallotti, Ciaramella e
Ronzullo, «il documento sulla velocità che abbiamo depositato poteva
essere molto importante. Come associazione abbiamo fatto un esposto
all’Anas. Anche se c’è già stato il verdetto, indagheremo comunque per
capire qual era la reale velocità in quel tratto di strada. Infatti, se
si dà la facoltà di andare a 90 km all’ora in una galleria come quella
dove è avvenuto l’incidente, possono succedere morti tutti i giorni. Non
appena avremo risposte a queste nostre domande, invieremo tutto alla
Procura generale di Spoleto. Noi siamo qui per difendere le vittime
della strada e non ci fermeremo finché non faremo chiarezza».
«Vergogna», aggiunge Rezana Duka, «devo stare in un aula a sentire che
chi ha tolto la vita a mio figlio ingiustamente, solo perché quella sera
ha deciso di bere e ubriacarsi con un tasso alcolico 1.72, andando
contromano e con una velocità fuori dai limiti, chiede e ottiene il
patteggiamento. Ma qualcuno pensa a Nikola? Lui voleva vivere la sua
vita, era un suo diritto. C’è una legge per chi si mette alla guida
ubriaco e toglie la vita a un innocente. Si chiama omicidio stradale
aggravato e la legge prevede una pena tra 8 e 12 anni. Che venga
applicata. Basta lasciare i colpevoli in libertà».