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Sono Giulia Cenci (Cortona, 1988), Tomaso De Luca (Verona, 1988) e Renato Leotta (Torino, 1982) i tre finalisti della seconda edizione del Maxxi Bvlgari Price, il progetto che unisce il Museo nazionale delle arti del XXI secolo e Bvlgari, da oltre 130 anni emblema di eccellenza italiana, per il sostegno e la promozione dei giovani artisti. I 3 talenti sono stati scelti da una giuria internazionale composta da Hou Hanru, direttore artistico del Maxxi; Bartolomeo Pietromarchi direttore del Maxxi Arte; Manuel Borja-Villel, direttore del museo Reina Sofía a Madrid; Emma Lavigne, presidente del Palais de Tokyo a Parigi, e Victoria Noorthoorn, direttrice del museo di arte moderna di Buenos Aires. I loro lavori, pensati, prodotti e realizzati appositamente per il premio, saranno esposti a Roma al Maxxi da domani e fino al 7 marzo 2021 in una mostra a cura di Giulia Ferracci, che coinvolge lo spettatore sin dalla lobby e si sviluppa nella scenografica Galleria 5, al terzo piano.
“Il Maxxi Bvlgari Price- ha spiegato Giovanna Melandri, presidente della Fondazione Maxxi- e’ uno degli appuntamenti piu’ importanti per celebrare i 10 anni del museo, parte del piu’ ampio progetto dedicato alla creativita’ italiana contemporanea. Insieme a Bvlgari, azienda da sempre attenta alla ricerca e alla sperimentazione e nostro partner stategico dal 2018, posiamo lo sguardo sui giovani artisti, perche’ sostenere i giovani talenti significa investire sulla creativita’ del nostro tempo e sul nostro futuro, missione condivisa da Maxxi e Bvlgari. I lavori dei 3 finalisti, intensi ed evocativi- ha aggiunto la Melandri- riflettono sul tempo, sulle inquietudini della societa’ di oggi ed esplorano il futuro. È un piacere averli al Maxxi”. Dello stesso parere Jean-Cristophe Babin, Ceo di Bvlgari: “Ancora una volta, gli artisti finalisti del premio ci offrono una lettura del mondo in cui viviamo attraverso il loro personalissimo linguaggio e un uso di tecniche espressive fortemente innovative. Le loro opere ci invitano a una riflessione su temi universali come il cambiamento, la rigenerazione creativa, una concezione alternativa dello spazio e del tempo. Il nostro impegno a fianco del Maxxi e’ un modo per offrire al Museo e a Roma i doni piu’ preziosi: l’audacia e lo spirito libero dei protagonisti dell’arte di domani“.
Il percorso di mostra prende il via dal ballatoio al terzo piano che conduce dall’uscita dell’ascensore all’ingresso della Galleria 5. Qui inizia ‘lento-violento’, la piu’ grande installazione realizzata da Giulia Cenci che si articola in quattro gruppi di sculture, quattro nuclei plastici sospesi nel vuoto che invadono lo spazio, impongono allo spettatore cambiamenti continui del punto di osservazione, proiettandolo in un mondo di forme ibride, fluide, in parte umane, in parte animali.
Attraverso questa installazione monumentale l’artista mette in scena i cambiamenti, le tensioni tra uomo e natura, la macchina del capitalismo iperproduttivo e del consumismo sfrenato, i conflitti del nostro tempo e un futuro dell’umanita’ distopico. Gia’ nel primo nucleo scultoreo, i soggetti sono due figure antropomorfe che sembrano sfidarsi. Il conflitto esplode nel secondo nucleo di calchi, lungo la balaustra, dove zampe di cavalli acefali sembrano lanciati nella mischia. La terza scena e’ una sorta di prigione, una griglia che scende fin quasi la hall e ingabbia piccole figure senza connotati, sorvegliate da una creatura mostruosa. Il percorso si chiude con un’immagine di calma apparente, una landa abbandonata dove una macchina zoomorfa incombe dall’alto, simile a un dirigibile. La mostra continua all’interno della Galleria 5 con ‘A Week’s Notice’, installazione video e sonora su tre canali di Tomaso De Luca, dove miniature di abitazioni, prese in prestito dal cinema, dalla storia dell’architettura e dalla vita privata dell’artista, volano, crollano, impazziscono e si inceppano, in un’ode al disfacimento dell’architettura che ricerca la bellezza nell’instabilita’ e fa del trauma un territorio di creazione.
Il lavoro offre, infatti, un finale alternativo allo spietato fenomeno della gentrificazione che, tra gli Anni 80 e 90, segui’ alla crisi dell’Aids. Mentre nei quartieri delle grandi citta’ la comunita’ omosessuale, in quei decenni la piu’ colpita dall’epidemia, scompariva, il mercato vedeva in quella strage un’opportunita’: mobili e beni personali venivano gettati per strada e gli appartamenti rimessi sul mercato per affittuari piu’ sani e abbienti. Nel tentativo di riconquistare questo spazio perduto, l’artista trasforma l’architettura domestica in uno spazio disorientante, dove il senso di perdita e di precarieta’ diventano elementi generativi di una ricostruzione.
Concludono il percorso ‘Roma’ e ‘Fiumi’, progetto dedicato alla citta’ di Renato Leotta: dodici film, girati in pellicola 16 mm, sono presentati su altrettanti schermi distribuiti nello spazio del museo come a evocare una passeggiata ideale tra le vestigia della citta’. I film sono stati girati tra le iconiche fontane della Barcaccia, Trevi, e Quattro Fiumi e all’area sacra di Largo di Torre Argentina: uno squarcio nell’asfalto, che mostra l’anatomia della citta’ antica che giace sotto il manto stradale. Dalla balaustra che segna il perimetro dell’area, inaccessibile ai visitatori ma visibile solo dall’alto, ci si affaccia su uno spazio ritagliato dal flusso urbano frenetico che vi ruota intorno, essendo il largo uno snodo nevralgico del traffico cittadino, uno spazio governato da una temporalita’ diversa, fuori sincrono, e popolato esclusivamente da gatti. Con questa inusuale passeggiata tra le rovine, dove si muovono cauti e sinuosi i gatti che rivolgono al visitatore sguardi interlocutori, l’artista riflette sull’arte come mezzo per ripensare il rapporto tra uomo, natura e paesaggio antropizzato, riallacciando una relazione tra societa’ e animalita’.
La scelta del vincitore e’ stata rimandata per il perdurare dell’emergenza Coronavirus, come ha spiegato Giovanna Melandri ai microfoni dell’Agenzia Dire: “Abbiamo deciso di rinviare di qualche settimana o mese il momento dell’acclamazione del vincitore. I membri della commissione non potevano essere con noi non potendo viaggiare da Madrid o Parigi. Faremo di tutto per rilanciare la mostra. Anzi vorremo affiancare alla giuria che dovra’ giudicare la mostra una sorta di giuria popolare che nei prossimi giorni attiveremo”, attraverso una modalita’ che probabilmente sara’ social. Il vincitore verra’ proclamato entro la fine dell’esposizione.
“Il Maxxi Bvlgari Price- ha spiegato Giovanna Melandri, presidente della Fondazione Maxxi- e’ uno degli appuntamenti piu’ importanti per celebrare i 10 anni del museo, parte del piu’ ampio progetto dedicato alla creativita’ italiana contemporanea. Insieme a Bvlgari, azienda da sempre attenta alla ricerca e alla sperimentazione e nostro partner stategico dal 2018, posiamo lo sguardo sui giovani artisti, perche’ sostenere i giovani talenti significa investire sulla creativita’ del nostro tempo e sul nostro futuro, missione condivisa da Maxxi e Bvlgari. I lavori dei 3 finalisti, intensi ed evocativi- ha aggiunto la Melandri- riflettono sul tempo, sulle inquietudini della societa’ di oggi ed esplorano il futuro. È un piacere averli al Maxxi”. Dello stesso parere Jean-Cristophe Babin, Ceo di Bvlgari: “Ancora una volta, gli artisti finalisti del premio ci offrono una lettura del mondo in cui viviamo attraverso il loro personalissimo linguaggio e un uso di tecniche espressive fortemente innovative. Le loro opere ci invitano a una riflessione su temi universali come il cambiamento, la rigenerazione creativa, una concezione alternativa dello spazio e del tempo. Il nostro impegno a fianco del Maxxi e’ un modo per offrire al Museo e a Roma i doni piu’ preziosi: l’audacia e lo spirito libero dei protagonisti dell’arte di domani“.
Il percorso di mostra prende il via dal ballatoio al terzo piano che conduce dall’uscita dell’ascensore all’ingresso della Galleria 5. Qui inizia ‘lento-violento’, la piu’ grande installazione realizzata da Giulia Cenci che si articola in quattro gruppi di sculture, quattro nuclei plastici sospesi nel vuoto che invadono lo spazio, impongono allo spettatore cambiamenti continui del punto di osservazione, proiettandolo in un mondo di forme ibride, fluide, in parte umane, in parte animali.
Attraverso questa installazione monumentale l’artista mette in scena i cambiamenti, le tensioni tra uomo e natura, la macchina del capitalismo iperproduttivo e del consumismo sfrenato, i conflitti del nostro tempo e un futuro dell’umanita’ distopico. Gia’ nel primo nucleo scultoreo, i soggetti sono due figure antropomorfe che sembrano sfidarsi. Il conflitto esplode nel secondo nucleo di calchi, lungo la balaustra, dove zampe di cavalli acefali sembrano lanciati nella mischia. La terza scena e’ una sorta di prigione, una griglia che scende fin quasi la hall e ingabbia piccole figure senza connotati, sorvegliate da una creatura mostruosa. Il percorso si chiude con un’immagine di calma apparente, una landa abbandonata dove una macchina zoomorfa incombe dall’alto, simile a un dirigibile. La mostra continua all’interno della Galleria 5 con ‘A Week’s Notice’, installazione video e sonora su tre canali di Tomaso De Luca, dove miniature di abitazioni, prese in prestito dal cinema, dalla storia dell’architettura e dalla vita privata dell’artista, volano, crollano, impazziscono e si inceppano, in un’ode al disfacimento dell’architettura che ricerca la bellezza nell’instabilita’ e fa del trauma un territorio di creazione.
Il lavoro offre, infatti, un finale alternativo allo spietato fenomeno della gentrificazione che, tra gli Anni 80 e 90, segui’ alla crisi dell’Aids. Mentre nei quartieri delle grandi citta’ la comunita’ omosessuale, in quei decenni la piu’ colpita dall’epidemia, scompariva, il mercato vedeva in quella strage un’opportunita’: mobili e beni personali venivano gettati per strada e gli appartamenti rimessi sul mercato per affittuari piu’ sani e abbienti. Nel tentativo di riconquistare questo spazio perduto, l’artista trasforma l’architettura domestica in uno spazio disorientante, dove il senso di perdita e di precarieta’ diventano elementi generativi di una ricostruzione.
Concludono il percorso ‘Roma’ e ‘Fiumi’, progetto dedicato alla citta’ di Renato Leotta: dodici film, girati in pellicola 16 mm, sono presentati su altrettanti schermi distribuiti nello spazio del museo come a evocare una passeggiata ideale tra le vestigia della citta’. I film sono stati girati tra le iconiche fontane della Barcaccia, Trevi, e Quattro Fiumi e all’area sacra di Largo di Torre Argentina: uno squarcio nell’asfalto, che mostra l’anatomia della citta’ antica che giace sotto il manto stradale. Dalla balaustra che segna il perimetro dell’area, inaccessibile ai visitatori ma visibile solo dall’alto, ci si affaccia su uno spazio ritagliato dal flusso urbano frenetico che vi ruota intorno, essendo il largo uno snodo nevralgico del traffico cittadino, uno spazio governato da una temporalita’ diversa, fuori sincrono, e popolato esclusivamente da gatti. Con questa inusuale passeggiata tra le rovine, dove si muovono cauti e sinuosi i gatti che rivolgono al visitatore sguardi interlocutori, l’artista riflette sull’arte come mezzo per ripensare il rapporto tra uomo, natura e paesaggio antropizzato, riallacciando una relazione tra societa’ e animalita’.
La scelta del vincitore e’ stata rimandata per il perdurare dell’emergenza Coronavirus, come ha spiegato Giovanna Melandri ai microfoni dell’Agenzia Dire: “Abbiamo deciso di rinviare di qualche settimana o mese il momento dell’acclamazione del vincitore. I membri della commissione non potevano essere con noi non potendo viaggiare da Madrid o Parigi. Faremo di tutto per rilanciare la mostra. Anzi vorremo affiancare alla giuria che dovra’ giudicare la mostra una sorta di giuria popolare che nei prossimi giorni attiveremo”, attraverso una modalita’ che probabilmente sara’ social. Il vincitore verra’ proclamato entro la fine dell’esposizione.
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