“Dove Roma incontra Bologna” è il claim scelto da Anna al 20, indirizzo aperto lo scorso 7 maggio nel quartiere Trieste, a via Brescia (angolo Via Cesare Bosi), per raccontare sin da subito il focus del ristorante. Qui la tradizione bolognese è grande protagonista, ma allo stesso tempo accoglie contaminazioni romane e anche giapponesi. Un bolognese 2.0, così lo definiscono i soci: la coppia di imprenditori Annalisa Polo e Roberto Tomasini (con già diversi locali all’attivo, come Casa Carmen e Fatto in Casa By La Danesina) e lo chef Mattia D’Ambrosio, 28 anni, nato e cresciuto proprio a Bologna prima di iniziare a viaggiare per l’Europa formandosi in cucine di livello. Per tre anni dal tristellato Diverxo di David Munoz, a Madrid, dove è stato Junior Sous Chef, e poi tra gli ideatori del progetto Cantera, che vanta diversi locali in Italia e in Europa. Un bagaglio che gli ha permesso di sviluppare una spiccata creatività, proponendo continuamente nuove idee che sono poi andate a formare il primo menu di Anna al 20.
Un locale intimo dove domina il verde
Anna al 20 è un locale piccolo e intimo, appena 32 coperti interni, a cui si aggiungo circa 20 esterni (che nei prossimi mesi diventeranno 40, con l’arrivo di una nuova pedana). Il nome scelto? “È breve, rimane impresso, è rassicurante, ricorda casa – spiegano i soci -. È presente in quasi tutte le famiglie italiane e nel mondo”. E, per caso, è il nome della mamma dello chef.
Una volta entrati si viene accolti da un ambiente semplice ed elegante, con qualche tocco rétro, dove il colore verde è grande protagonista, in particolare nella carta da parati: una fantasia unica, con fogliame, che è il vero valore aggiunto del locale. Si aggiungono quadretti e lampadari vintage, piante, simpatiche scritte a Led (anche queste verdi) e una bella bottigliera che ospita un’ampia proposta di gin.
La proposta fusion dello chef D’Ambrosio
“Le mie origini sono la base della mia cucina – racconta l’Executive Chef D’Ambrosio -, amo i sapori tradizionali bolognesi ma anche le tecniche nuove e moderne che permettono di creare piatti fusion: dalla cottura sottovuoto in diretta con l’olio, quindi una sorta di fritto al contrario, cioè senza immergere il prodotto”.
La proposta del pranzo è più snella, scritta su una lavagnetta (ma c’è sempre possibilità di ordinare dalla carta): troviamo la tagliata di pollo, tenera e succosa, servita con le verdure, o il club sandwich con l’avocado, e ancora primi piatti con pomodoro fresco e insalate. Per la cena il menu si fa più strutturato e racconta a tutto tondo il format di Anna al 20, una cucina bolognese 2.0. Da una parte non mancano i grandi classici, come la lasagna, le tagliatelle al ragù, la cotoletta, lo gnocco emiliano, presentati esattamente come li conosciamo. Dall’altra parte si dà sfogo alla creatività dello chef e alle sue sperimentazioni, pur mantenendo la tradizione nei sapori. Gli antipasti sono un bel viaggio Bologna-Oriente e portano a tavola due dei piatti più rappresentativi del locale: i gyoza Tokyo-Bologna, ripieni di ragù e crema di Parmigiano 30 mesi, e i dumpling Anna al 20, ripieni di ricotta e mortadella, salvia e beurre blanc. “Piatti tipicamente asiatici, con una sfoglia asiatica, ma il ripieno è bolognese e italiano, usando prodotti nazionali. Ho cercato di mischiare due culture diverse che per me si fondono in maniera perfetta”.
Tra i secondi da provare ci sono il petto d’anatra, riduzione di aceto balsamico di Modena IGP e lamponi con purè di patate e il controfiletto in stile tataki, misticanza selvatica, sesamo e salsa al Parmigiano 30 mesi.
Si viaggiasul classico per i dolci, ma sempre con qualche tocco personale. Ritroviamo lo gnocco fritto con nutella e crema al mascarpone montata al sifone, brownie al cioccolato e cheesecake ai frutti di bosco.
Buona parte delle materie prime arriva dall’Emilia Romagna, come la carne per la tartare che arriva dal famoso salumificio Zivieri in provincia di Bologna. Per la pasta, invece, c’è un pastificio che la realizza appositamente secondo lar icetta dello chef. Ma ci sono anche tanti prodotti locali, in particolare pane, frutta e verdura che arrivano dal vicino mercato di piazza Alessandria. “Il menu cambierà spesso, circa ogni mese – prosegue lo chef -. Utilizziamo pochi prodotti e seguiamo la stagionalità, ma mi piace fare sempre cose nuove”.
La carta dei vini e la scelta del gin
La carta dei vini è stata curata dalla sommelier Letizia Di Bella (che si è occupata anche della selezione dell’olio), ricercando piccole realtà regionali e nazionali, per un totale di circa 50 etichette, legate dal rispetto per l’ambiente e tutte con specifici tratti identitari. Discorso analogo per la proposta del gin, che al momento conta 14 referenze ma in breve tempo arriveranno a 20: sebbene non manchino le grandi marche, come Roku, qui si possono trovare interessanti nomi ancora poco conosciuti, tra cui la romana Distilleria Flaminia, e garnish inedite. Per la drink list si è quindi deciso di puntare tutto su cocktail a base di gin, studiati e realizzati da Laura Cervone e Alan Ragni, serviti al momento dell’aperitivo o dopo cena ma possono essere abbinati anche ai piatti del menu.