di Igor Righetti* (@righettigor)
*Giornalista professionista, autore e conduttore radiotelevisivo Rai
Foto di Carla Pagliai (@supercarlarock) e dell’influencer Lorenzo Castelluccio (@lorenzo.castelluccio)
Nosy Be in lingua malgascia significa “isola grande” in quanto è la maggiore di un arcipelago costituito da atolli e isolette, molte delle quali disabitate. Come si atterra si viene inglobati nella vegetazione lussureggiante con tante tonalità di verde. L’aeroporto è minuscolo, ha un solo nastro per il ritiro dei bagagli, niente aria condizionata ma pale sul soffitto, niente bar o duty free e il wi-fi è inesistente. Un tuffo nel passato che elettrizza. Visitare Nosy Be non è soltanto un viaggio ricco di emozioni e suggestioni, ma una vera e propria esperienza di vita. L’isola si trova a 8 chilometri dalla costa del Madagascar nel canale di Mozambico, ed è nota anche come “isola profumata” perché oltre alle coltivazioni di caffè, cacao, cannella e della pregiata vaniglia ce ne sono moltissime di ylang ylang, un fiore da cui si estrae l’essenza usata anche per lo Chanel N°5. Per raggiungerla dall’Italia ci sono comodi, anche negli orari, voli Neos con partenza da Roma Fiumicino e Verona (il lunedì) e da Milano Malpensa (il martedì). Neos Air, nata nel 2001, è la prima compagnia aerea italiana a essere stata certificata JAR OPS fin dalla sua fondazione. Eccellenti il servizio a bordo e l’intrattenimento, comodo e utile il wi-fi e di buona qualità i pasti. Chi sceglie di partire da Fiumicino non può lasciarsi sfuggire l’occasione per alcune esperienze gastronomiche di alta qualità nella capitale, come i ristoranti Fratelli La Bufala, che quest’anno hanno compiuto vent’anni, con antipasti, primi e pizze dell’autentica cucina campana. Per gli amanti del pesce fresco, dell’eccellenza delle materie e delle atmosfere eleganti sono imperdibili il ristorante Eleonora d’Arborea di Francesco Turnu (corso Trieste, 23), che dal 1997 propone in modo impeccabile le tradizioni e i sapori della cucina della Sardegna, e Diandra, nel centro storico (via del Leoncino, 28) che prende il nome della proprietaria, anch’esso ispirato dai gusti mediterranei e dalla tradizione sarda.
Giunti a Nosy Be si viene subito accolti dai sorrisi di tantissimi bambini – dei quali abbiamo preferito non pubblicare le foto – e la grande ospitalità degli abitanti. Sono sereni nonostante l’evidente povertà e le mille difficoltà anche se Nosy Be, rispetto all’isola madre del Madagascar (la Grande terra), sembra Hollywood. È la dimostrazione che la felicità non si misura con la ricchezza economica. Ha una superficie di circa 320 chilometri quadrati e attualmente conta 65 mila persone (molti i bambini) in continuo aumento grazie allo sviluppo del turismo. La popolazione locale mostra la mescolanza di sangue indonesiano, africano, indiano e cinese. Tanti gli europei che si sono trasferiti sull’isola per aprire strutture turistiche come resort o ristoranti tra i quali diversi italiani. A Nosy Be la vita è scandita dai ritmi lenti della natura, “mora mora” che in malgascio significa piano piano. Una filosofia difficile da accettare per oltre una settimana da un occidentale abituato ai rimi frenetici. L’isola è di origine vulcanica, circondata da coste incontaminate. È il regno della biodiversità: qui vivono i camaleonti, le balene, le tartarughe, i lemuri e di continuo vengono scoperte nuove specie. Il punto più alto da cui si possono ammirare un panorama meraviglioso e tramonti infuocati difficili da dimenticare è il monte Lokobe, con un’altitudine di 450 metri, seguito dal Monte Passot con i sui 350 metri. Quest’ultimo prende il nome dal capitano della Marina francese Pierre Passot che ha contribuito all’annessione di Nosy Be alla Francia avvenuta nel 1841. Da qui si vede l’isola a 360 gradi, l’Oceano Indiano, le isole dell’arcipelago e i laghi vulcanici. Con la fotografa Carla Pagliai (@supercarlarock) e l’influencer Lorenzo Castelluccio (@lorenzo.castelluccio) abbiamo documentato tutte le esperienze vissute.
Il Bravo premium Andilana beach
Alpitour propone una settimana con formula tutto incluso nel Bravo premium Andilana beach, il resort più premiato dell’Oceano Indiano in uno degli angoli più incontaminati. La struttura, perfettamente integrata nel paesaggio, è magistralmente diretta dal general manager Daniele D’Alò, attento ai minimi dettagli. Come si arriva, il biologo Luca Rosetti, che da vent’anni vive e lavora a Nosy Be, spiega ai turisti le norme comportamentali basilari da tenere con gli animali selvatici (non toccare le tartarughe o i lemuri per non alterare il loro ph e quindi condannarli a morte, non dare loro da mangiare ecc.) e il rispetto verso la flora e il mondo marino. Norme che purtroppo non sempre vengono recepite da chi pensa che in quella settimana possa fare qualunque cosa soltanto perché è in vacanza e ha pagato. La struttura, che realizza anche progetti di sostenibilità ambientale, sorge lungo l’omonima spiaggia bianca di Nosy Be, una delle più belle dell’isola. Andilana beach è uno degli ultimi paradisi terrestri: ha 204 camere suddivise in 4 blocchi a due piani, tutti a breve distanza dal mare, e al suo interno ha un meraviglioso giardino botanico con un’ampia varietà di fiori e piante. La gestione italiana è impeccabile e garantisce una cura particolare della cucina, del servizio e dell’igiene. Collocata in posizione strategica, si trova a circa 21 chilometri dall’aeroporto, raggiungibile con un trasferimento di circa 50 minuti, e a 29 chilometri dal capoluogo Hell-Ville.
Nei 150 mila metri quadrati di giardino tropicale è presente un parco zoologico abitato da lemuri, camaleonti, coccodrilli, anatre, caprette, conigli e da “Carolina”, una tartaruga gigante (in effetti è un maschio, ma ormai il suo nome si è tramandato al femminile e pare che a lui piaccia) che si dice abbia oltre 150 anni. Ogni settimana viene organizzata una passeggiata naturalistica all’interno del parco accompagnati da una guida esperta. Un vero e proprio Eden. Inoltre, sempre nel giardino botanico, è stata realizzata, su un albero millenario, una casetta in legno, un rifugio eco sostenibile realizzato con materiali locali e rispettosi dell’ambiente, dove è possibile fare un pernottamento e vivere un’esperienza senza precedenti, con la colazione servita sul terrazzino in compagnia dei lemuri che girano liberamente. Il Bravo premium Andilana beach ha ottenuto la certificazione Gabbiani verdi di Alpitour World, un protocollo che fa riferimento ai 17 obiettivi per lo sviluppo sostenibile fissati dall’Onu nell’Agenda 2030 e che garantisce il rispetto di numerosi requisiti di sostenibilità. Tra questi, il rispetto dei diritti umani e salari equi, il basso impatto ambientale il coinvolgimento e lo sviluppo della comunità locale. Tra i servizi della struttura ci sono il wi-fi gratuito nelle aree comuni e nelle camere, un parco giochi di oltre mille metri quadrati attrezzato con gonfiabili e scivoli, un centro diving che offre a tutti una prova d’immersione in piscina, una palestra ben attrezzata e climatizzata, un percorso running, una SPA diffusa, un salone di bellezza per trattamenti estetici e un parrucchiere.
La cucina viene curata da uno chef italiano: è di ottima qualità, molto varia e con tantissimi piatti vegetariani. Si può scegliere tra il ristorante principale Ravinala, quello sulla spiaggia (aperto tutti i giorni per pranzo) e il ristorante tipico Pily Pily, arroccato su uno sperone di roccia che divide le due spiagge, con una vista panoramica mozzafiato sulla baia dove di giorno è servito il pranzo a buffet con una strepitosa e freschissima frittura di pesce mentre la sera ha un esclusivo menu a pagamento. Non manca la merenda e il tea time al tramonto con crepes e raffinata pasticceria sfornata al momento. Il bar Baobar è aperto 24 ore su 24. C’è poi il beach bar sulla spiaggia. Il servizio è impeccabile.
La celebre vaniglia Bourbon
Il turismo sta dando molto lavoro a tanti abitanti di Nosy Be e del Madagascar (chi lavora in questo settore sta meglio di altri) ma gran parte della popolazione vive soltanto di pesca, di allevamento di zebù utilizzati anche per i lavori agricoli, di coltivazione della manioca, riso (il principale prodotto alimentare dei malgasci), ylang ylang, cacao, caffè e spezie come lo zafferano, la celebre vaniglia, il pepe e la cannella. Per quanto riguarda la vaniglia, il Madagascar è il primo produttore al mondo con circa l’80 per cento del mercato e segue il procedimento di lavorazione lungo e complesso, metodo Bourbon, tutto manuale. Per questo motivo la vaniglia, dopo lo zafferano, è la spezia più costosa. Appartiene alla famiglia delle orchidee ed è originaria del Messico. Soltanto nel 1841 uno schiavo appena dodicenne di Réunion (allora conosciuta come Bourbon) escogitò un procedimento di impollinazione artificiale, metodo impiegato tuttora. Nel 1880 i coltivatori di Réunion esportarono la loro esperienza sulla vicina isola del Madagascar, esattamente a Nosy Be caratterizzata da un clima umido tropicale favorevole allo sviluppo di questa pianta. La visita dell’isola è ideale sia per concludere un viaggio alla scoperta del Madagascar, sia come destinazione esclusiva per un soggiorno balneare e alla scoperta della natura incontaminata grazie alla sicurezza di Nosy Be e all’ospitalità dei suoi abitanti. Tre le religioni presenti: animista (la più diffusa), cristiana e musulmana che coesistono senza conflitti. Gli abitanti dell’isola si spostano a piedi (molti sono scalzi), in bicicletta e non mancano le Renault 4 che testimoniano il passaggio francese. Unico neo è vedere per le strade e nei villaggi centinaia di cani randagi affamati ridotti a scheletri che camminano dato che a quanto pare la sterilizzazione non viene praticata e non esiste una sensibilità verso gli animali domestici.
Tante e varie le escursioni quotidiane, anche realizzate su misura, organizzate da Alpitour su mezzi moderni con guide locali esperte che parlano italiano, studiate nei minimi dettagli per ottimizzare al massimo i tempi e regalare esperienze ed emozioni indimenticabili.
L’entroterra tra cascate e laghi vulcanici sacri
L’entroterra di Nosy Be è molto significativo in termini di biodiversità. Sono ancora visibili i grandi crateri di 12 vulcani spenti che oggi ospitano laghi sacri con coccodrilli annessi (la balneazione è ovviamente vietata) e con intorno una vegetazione lussureggiante.
La cascata di Ampasindava è un sito sacro per i Sakalava, una delle più importati tribù malgasce: è circondata da una rigogliosa vegetazione tropicale con tante sfumature di verde, piante di ylang-ylang e felci. Un luogo che trasmette grande serenità. Secondo la tradizione chi si bagna nelle acque del piccolo lago color smeraldo sotto la cascata riceve una benedizione. Per arrivarci si passa in mezzo a una delle più importanti coltivazioni di ylang ylang, dove ci sono ancora le rovine di una casa appartenuta a Coco Chanel. Quindi, a piedi, si scende per un sentiero che conduce alla cascata dove c’è anche un altro luogo sacro agli animisti avvolto dalle tradizionali stoffe rosse e bianche che individuano i fady, gli alberi sacri. L’albero di ylang ylang sarebbe molto alto ma per praticità viene tagliato in modo da facilitare la raccolta dei fiori. Occorrono 500 chilogrammi di fiori e 300 litri di acqua per avere 12 litri di olio essenziale. La pianta di ylang ylang, che significa “il fiore dei fiori”, non è endemica, proviene dall’Asia tropicale. Ovunque vengono vendute delle bottigliette di olio di questo fiore giallo che viene usato anche per i massaggi tradizionali malgasci.
La riserva integrale di Lokobe
La riserva, nei suoi 740 ettari, ospita decine di specie di lemuri (vivono soltanto in Madagascar e utilizzano grugniti nasali per comunicare tra loro), animali endemici del Madagascar considerati sacri e i primati più minacciati al mondo. Oltre il 90% delle specie che vivono sull’Isola rischiano l’estinzione a causa del disboscamento e della caccia. L’area protetta è una delle cinque riserve naturali integrali del Madagascar che protegge quanto rimane della foresta pluviale tropicale che un tempo ricopriva l’isola. Vi si accede dal villaggio di Ampasipohy, sulla costa meridionale di Nosy Be, ed è raggiungibile via mare con le tradizionali piroghe. Le maree cambiano di continuo il paesaggio. Nella foresta si avvistano boa, pitoni, il lemure del topo di Berthe di appena 10 centimetri di lunghezza, il primate più piccolo che sia mai stato trovato, il camaleonte più piccolo del mondo Brookesia nana, ancora più piccolo del Brookesia micra scoperto nel 2012 nelle stesse foreste pluviali del Madagascar: quest’ultimo raggiunge 30 millimetri di lunghezza, mentre il nuovo arrivato lo batte con 21,6. Tanti credono che i camaleonti cambino colore per mimetizzarsi mentre a provocare i mutamenti di pigmentazione è l’umore di questi animali. In tutto ci sono circa 150 diverse specie di camaleonte che vivono principalmente in Madagascar. Sotto a una foglia si nascondeva, invece, la rana più piccola del mondo che abbiamo prontamente fotografato. Soltanto grazie all’aiuto della guida locale Gino siamo riusciti a vedere (e a immortalare) i gechi “coda foglia”, maestri nell’arte della mimetizzazione sui tronchi degli alberi. La lunghezza di questi gechi, che si muovono soprattutto di notte, va dai 10 ai 30 centimetri. Purtroppo sono molto richiesti dai collezionisti internazionali e per questo rischiano l’estinzione, come del resto numerosi altri animali endemici dell’isola. A Nosy Be non ci sono animali velenosi.
Nosy Tanikely
“La piccola isola” circondata dalla barriera corallina che dal 2010 è diventata parco nazionale marino e dove già a pochi metri di profondità si possono ammirare stelle marine, tartarughe giganti e pesci colorati. Gli appassionati di snorkeling resteranno più che soddisfatti.
Nosy Iranja
Una lingua di sabbia bianca da sogno, lunga 1,2 chilometri con incantevoli acque azzurre su entrambi i lati, appare e scompare in base alla marea e unisce l’isola di Nosy Iranja Be (la grande) e Nosy Iranja Kely (la piccola). È una riserva naturale dove nidificano le tartarughe marine e i granchi da cocco. È conosciuta come l’ottava isola più bella del mondo. L’isola di Nosy Iranja Be ha un piccolo villaggio abitato dai pescatori locali. Palme, fiori, alberi tropicali e mare cristallino. Con una passeggiata di pochi minuti si raggiunge il faro dell’isola, progettato dall’ingegnere francese Gustave Eiffel ed edificato nel 1909 durante il periodo coloniale, da cui si ammira un panorama mozzafiato. Chi va in escursione con Alpitour può pranzare in una struttura tipica con pesce freschissimo cucinato sul posto.
Il capoluogo Hell-Ville dal passato coloniale
Per vivere appieno l’atmosfera ed entrare in connessione con la vita reale della popolazione fuori dai lussuosi resort, non si può non visitare il capoluogo e centro amministrativo Hell-Ville (Andoany è il vero nome malgascio), una città coloniale tra le più antiche del Madagascar, il cuore pulsante dell’isola, con il porto principale di Nosy Be.
Durante il tragitto per arrivare a Hell-Ville si percorre la strada “groviera” (in rifacimento) costeggiata da capanne di legno su terra rossa con il tetto in paglia o bancarelle improvvisate per la vendita di ricariche telefoniche o frutta e verdura. L’isolamento geografico, la scarsità di comunicazioni interne e delle infrastrutture, lo sfruttamento indiscriminato operato in epoca coloniale prima dagli inglesi e poi dai francesi (come per il resto del Madagascar anche Nosy Be si rese indipendente dai francesi il 26 giugno 1960) sono alcuni degli elementi che concorrono a determinare l’arretratezza dell’economia malgascia. Le abitazioni dei villaggi sono costruite soprattutto in legno e lamiere, senza energia elettrica o acqua corrente. In alcuni centri sono presenti bagni pubblici con docce e servizi igienici. Tante le galline e le anatre vaganti che attraversano all’improvviso. Qui il carburante costa più o meno come in Italia, ma i salari sono ben diversi. Donne circondate da eserciti di bambini vivono la vita quotidiana all’esterno facendo il bucato o cucinando il riso mentre i polli razzolano tra le pentole. Salutare il “turista bianco” diventa così un evento per uscire dalla monotonia.
La cittadina, vivace e piacevolmente caotica, fu costruita sull’antico villaggio di Antserambasaha che significava “il porto degli stranieri”. Già in tempi remoti fu lo scalo di mercanti provenienti dall’India e da Zanzibar. Fondata nel 1841, fu chiamata Hell-Ville non perché sia una città infernale bensì in onore dell’ammiraglio francese Anne Chrétien Louis de Hell, governatore di Isle de Bourbon (l’attuale La Réunion) dal 1838, firmatario con la regina Tsiomeko del trattato di cessione delle isole di Nosy Be e Nosy Komba al protettorato francese sull’arcipelago. Dopo l’indipendenza ottenuta dal Madagascar nel 1960, Hell-Ville fu ufficialmente rinominata Andoany. Le ville in stile coloniale francese dei primi del ‘900 ci ricordano il passato della città.
Qui le officine riparano di tutto (come accadeva in Italia fino a qualche decennio fa) e chiunque vende qualunque cosa tra carri trainati da zebù carichi di merci, motorini fatiscenti dal rumore assordante e decine di tuc-tuc (ape city Piaggio gialli a tre ruote che fungono da taxi). Mezzi da 3 o 4 persone ma sui quali i locali riescono a salire anche in otto. Un’esperienza da vivere.
Il grande mercato coperto o “Bazar Be” sulla piazza principale, costruito nel 1954, è sempre affollato. Sui banchi si trova di tutto: dalla frutta tropicale alle spezie, dalle salse di mango fatte in casa e vendute in bottiglie d’acqua riciclate alla vaniglia, dal gustoso e raro pepe nero selvatico raccolto nelle foreste alle trecce di capelli, dal pesce essiccato ai granchi di palude ricoperti di terra fino a ortaggi e frutti non identificati. Ad Hell-Ville, però, da qualche tempo c’è anche una piccola zona “europea” con un supermercato come quelli nelle nostre capitali e negozi di abbigliamento occidentali. Anche qui, seppur l’ambiente non sia pittoresco come quello del mercato ma è senz’altro meno confusionario, si possono acquistare a ottimi prezzi tanti prodotti locali.
La seconda cittadina per importanza è invece Dzamandzar, un tempo florida grazie a uno stabilimento di estrazione e raffinazione dello zucchero di canna e di produzione del rhum Sirama, fallito nel 2006. Il turismo a Nosy Be ha cominciato a svilupparsi proprio in seguito alla crisi dell’industria della canna da zucchero.
L’artigianato e le spezie
A Nosy Be si possono acquistare maschere, sculture e oggetti vari di legno, tovaglie ricamate a mano da donne spesso con il viso cosparso di polveri d’argilla bianca e sandalo giallo per proteggersi dal sole (le nostre creme solari), sottopentole, vaniglia, olio di ylang ylang, spezie, parei coloratissimi, collane e bracciali di semi di frutti tropicali. E ancora: cestini, contenitori, cappelli e tovagliette in rafia, fibra vegetale ricavata da una specie di palma che cresce in Madagascar. Come souvenir sono molto originali le calamite da collezione che qui sono in legno a forma di lemure o dell’albero di baobab, il rhum alla vaniglia e le cioccolate al sale con cacao del Madagascar, considerato a livello mondiale di grande qualità: la sua coltivazione fu introdotta a metà dell’Ottocento dai coloni francesi. La valuta ufficiale è l’Ariary malgascio (il cambio si può fare nel resort) ma accettano molto volentieri l’euro. Sempre bene contrattare il prezzo anche se non esiste il rito della trattativa come nella cultura araba. Se il costo è eccessivo e il commerciante non scende, si può sempre far finta di andarsene. A volte funziona anche qui. Per i malgasci gli italiani sono tutti molto ricchi, forse proprio perché non siamo abituati a contrattare.
Dopo un viaggio a Nosy Be ci si sente più sereni, si apprezzano di più anche le piccole cose, si torna arricchiti a livello interiore, carichi di emozioni e di sorrisi sinceri, di colori, di tramonti spettacolari, dei profumi inebrianti della vaniglia e dell’ylang ylang, ammaliati dalla fauna e dalla vegetazione lussureggiante, dalle tante tradizioni di cui la popolazione va fiera. È quindi impossibile resistere al potere seduttivo di Nosy Be, dove il relax è assicurato in virtù dell’invidiabile stile di vita “mora mora”.