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“Introdurlo anche per attività che professionisti svolgono per le Pmi”
“E’ un grande traguardo, non solo per il mondo della professione ma per l’intera collettività. Perché introduce il concetto dell’equo compenso per le opere intellettuali svolte dai professionisti garantendo anche la qualità del risultato”. Così, nel corso di un’intervista all’agenzia Dire, Massimo Cerri, presidente dell’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Roma, ha commentato il via libera alla Camera dei Deputati alla legge sull’equo compenso.
“E’ un’attività iniziata con chi mi ha preceduto, l’ingegnera Carla Cappiello, che oggi fa parte del Consiglio nazionale degli Ingegneri- ha ricordato Cerri- In questa norma, che ora andrà all’esame del Senato, è prevista una centralità del ruolo degli ordini territoriali e dei Consigli nazionali. Ad esempio, per il professionista avere la parcella vidimata dall’Ordine costituirà immediatamente titolo esecutivo per ottenere poi il pagamento. Allo stesso modo, i Consigli nazionali possono avviare giudizi per salvaguardare il principio dell’equo compenso da parte dei professionisti”.
L’innovazione normativa “al momento regolamenta le committenze pubbliche e le grandi imprese, ci auguriamo- ha concluso Cerri- si arrivi all’ulteriore passo importante di avere l’equo compenso introdotto anche per le attività che i professionisti svolgono per le piccole e medie imprese”.
Appalti: nel nuovo codice siano sostenute anche stazioni piccole pa “Generalizzato a rischio qualità dei progetti”
“Condividiamo i principi contenuti nella legge delega del Governo relativa al nuovo codice degli appalti perché guardano al risultato e introducono la volontà di tenere i tempi ragionevolmente stretti secondo un principio di trasparenza. E’ una buona impostazione che vede la digitalizzazione al centro dell’intero iter, che riguarda la progettazione, l’esecuzione e la manutenzione dell’opera. Un tema importante per noi è la qualificazione delle stazioni appaltanti: l’augurio è che possano essere sostenute nella loro polverizzazione, anche le piccole pubbliche amministrazioni siano messe nelle condizioni di potere seguire questo intero iter” continua Cerri.
Un importante cambiamento introdotto “è quello relativo ai livelli di progettazione, che da tre diventano due: il progetto di fattibilità tecnico-economica e poi quello esecutivo. Da questo punto di vista- ha spiegato Cerri- è importante che ci sia un ulteriore momento di riflessione sul cosiddetto appalto integrato, cioè quando (a fronte di un progetto di fattibilità tecnico-economica presente) si va in gara chiedendo all’operatore economico sia la redazione del progetto esecutivo che l’esecuzione dell’opera. Non vincolarlo ad alcune situazioni, ma tenendolo in modo generalizzato, rischia di mettere in discussione la qualità della progettazione e la sua centralità vista come la qualità dell’opera eseguita”.
Inoltre “è richiesto che già in sede di gara- ha aggiunto Cerri- gli operatori economici presentino il progetto esecutivo per andare poi alla successiva realizzazione. Questo, oltre a essere un dispendio importante di energie, rappresenta un limite perché non tutti nella fase di partecipazione alla gara possono essere strutturati per presentare già il progetto”.
L’augurio di Cerri “è che le commissioni possano recepire queste nostre indicazioni, per arrivare poi all’iter parlamentare in modo da avere qualche strumentro in più che volga al bene della collettività e al fatto che le opere si realizzino negli strettissimi tempi previsti”.
No ad attività tecniche svolte solo da Pa “si rischiano colli di bottiglia”.
“Il fatto che si dia una spinta molto forte, quasi una forma di esclusività, a che le attività tecniche come le progettazioni, direzione lavori, coordinamento sicurezza e collaudo vengano svolte dai dipendenti delle pubbliche amministrazioni, da una parte rischia di generare un sovraccarico nelle realtà in cui sappiamo che i tecnici sono diminuiti, con colli di bottiglia in alcune pubbliche amministrazioni; dall’altra i liberi professionisti, le società tra professionisti e quelle di ingegneria rischiano di non riuscire a dare un contributo per noi importante”. Prosegue ancora Cerri.
“A questo si aggancia il tema della gratuità dell’opera intellettuale (i progetti, ndr), che viene addirittura prevista in termini di donazione- ha aggiunto Cerri- Secondo noi, invece, anche in virtù della legge sull’Equo compenso, c’è bisogno di una riflessione sull’opportunità che dentro il codice si introduca un allegato che dia i parametri di riferimento alle amministrazioni e alle stazioni appaltanti per individuare i costi relativi alle attività di tipo tecnico”.
Infine “è necessario anche mantenere il divieto del subappalto per le opere e i servizi intellettuali di ingegneria e architettura”.
No concorsi progettazione a fase unica “prima valutare le idee e poi i progetti”
“I concorsi di progettazione sono un aspetto importante attarverso cui arrivare a realizzare opere avendo l’opportunità di valutare un ventaglio di proposte. Il vecchio codice prevedeva una duplice fase (valutazione delle idee e, dopo la scelta, poi l’esecuzione del progetto), invece il nuovo codice induce a un’unica fase. Questo è un limite”.
La fase unica, secondo Cerri, è limitativa “perché costituisce un aggravio economico importante per le realtà che desiderano donare il proprio contributo, è estremamente impegnativo elaborare un progetto di fattibilità tecnico-economica per valutare un’idea, e poi, limitando coloro che potranno concorrere alla progettazione, si limita l’opportunità di scelta”.
“Pensiamo, dunque, che la doppia fase debba rimanere lo standard: prima si valutano le idee e poi i progetti”, ha concluso.
fonte www.dire.it