Presentato il Piano Rifiuti di Roma dal Sindaco Gualtieri che prevede un recupero di materia da raccolta differenziata del 51% al 2030 (con RD al 65%) e al 54,9% al 2035 (con RD al 70%) e una riduzione a 1.550.000 entro il 2030 e a 1.520.000 al 2035. Il recupero di organico per la generazione di biometano e compost sarebbe invece di 219.000 t al 2030, pari al 25% appena del riciclo complessivo: pochissimo, se si ricorda che già nel 2019 proprio nella capitale si raccoglievano oltre 250.000 t di organico e che in tutte le città virtuose la percentuale di organico è ben oltre un terzo del riciclo complessivo.
“Questo è un piano per giustificare in qualche modo la necessità di costruire un inceneritore e bruciare seicentomila tonnellate di rifiuti all’anno, con buona pace del contrasto alle emissioni climalteranti, dell’economia circolare e dell’ambiente – dichiara Roberto Scacchi presidente di Legambiente Lazio -. Infatti è evidente come si pongano obiettivi ridicoli di recupero ed economia circolare, messi là chiaramente da chi vuole a tutti i costi costruire l’inceneritore. Sulla raccolta differenziata si piazza l’asticella al 65% e poi 70% per poi far crollare le tonnellate totali recuperate, al di sotto del 55%; come una resa all’idea che i romani non siano in grado di fare una buona differenziata e con percentuali che tra dieci anni, non sarebbero neanche lontanamente vicine a quelle che già oggi vengono raggiunte da due terzi del Lazio e da tante grandi città italiane virtuose. Appare poco sfidante l’obiettivo di riduzione di soli 8 punti percentuali in 11 anni, peraltro non è mai citato un passaggio a tariffa puntuale che in termini di riduzione è tra i migliori strumenti. Completamente assurdo è il traguardo immaginato sul recupero dell’organico: secondo questo piano infatti, tra 10 anni si recupererà meno organico di quanto se n’è raccolto nel 2019, giustificando in modo forzato, anche una necessità impiantistica per la biodigestione anaerobica, per la quale basterebbero gli impianti a Cesano e Casal Selce e che invece dovrebbe almeno triplicare, secondo i numeri che la Capitale dovrebbe invece porsi come obiettivo. Non c’è traccia di tecnologie come quelle che avevamo chiesto, nuove per Roma ma già ampiamente consolidate altrove, e niente neanche nel contrasto all’enorme impatto negativo dei rifiuti edili non solo, illegalmente conferiti nel circuito dei rifiuti urbani”.
Legambiente e CGIL, avevano infatti presentato nelle scorse settimane le loro proposte per la chiusura del ciclo dei rifiuti di Roma, con il documento “Roma Capitale Circolare”, dove, al contrario di quanto oggi si legge sul piano, venivano ipotizzati impianti di recupero delle materie tessili, delle terre di spiazzamento, dei PAP (Prodotti Assorbenti per la Persona), delle plastiche miste, dei RAEE, con tanti impianti di riciclo grazie ai quali non sarebbe necessario alcun nuovo inceneritore, insieme a obiettivi di riduzione sotto il 1.500.000 di t/anno e una raccolta differenziata al 72%. “Abbiamo posto numeri sfidanti e chiesto scelte importanti di diffusione impiantistica – conclude Scacchi -, dimostrando quanto tutto ciò sarebbe volano di green economy e lavoro, con metodo scientifico, realismo e nel pieno solco dell’economia circolare chiesta dall’Europa, che di certo non finanzierà alcun inceneritore e anzi chiederà conto delle emissioni che potrà sprigionare. Questo piano va in tutt’altra direzione rispetto a quella della sostenibilità ambientale, e cerca di nascondere in maniera goffa, l’inutilità reale della costruzione di un inceneritore dentro Roma, che noi continueremo a contrastare nelle prossime settimane e mesi”.