Si scrive “pokè” ma si legge “food trend”: il piatto tipico della cucina hawaiana è infatti oggi conosciuto a livello mondiale e la conferma del successo arriva dai numeri. Tra il 2014 e il 2017 il numero di ristoranti pokè è raddoppiato negli USA da 370 a 700, per arrivare a 1811 nel 2018 (Washinghton Post). In termini di valore di mercato, nel 2020 il settore dei pokè bar ha raggiunto un volume d’affari di $1,74 miliardi e si stima che possa arrivare a $2,9 miliardi nel 2024, crescendo ad un CAGR del 14%. A fare il punto sulla pokè-mania è il report “Il mercato del pokè in Italia” realizzato da Cross Border Growth Capital, advisor leader in Italia per aumenti di capitale e operazioni di finanza straordinaria per startup e PMI.
Anche in Italia il successo del piatto hawaiano è evidente: arrivato nell’ottobre del 2017, quando I love Pokè ha aperto il suo primo store a Milano, si è espanso nel 2018 con Ami Pokè, first mover a Roma e primo Hawaiian Bar in Italia. Nel 2020 il pokè è stato l’ottavo cibo più ordinato a domicilio, registrando una crescita di oltre il 133% rispetto al 2019. Il mercato delle pokerie in Italia ha registrato nel 2020 un valore di €86 milioni di fatturato, passando a €98 milioni nel 2021 e si prevede possa raggiungere €143 milioni nel 2024.
“Il successo del pokè nel mondo può essere spiegato da diversi fattori”, sottolinea Andrea Casati, Vice President di Cross Border Growth Capital. “A partire da una maggiore attenzione alla provenienza e al valore nutrizionale degli ingredienti da parte dei consumatori: nel 2020/2021 oltre il 50% dei consumatori a livello globale ha dichiarato di essere più consapevole delle proprie scelte alimentari rispetto al 2010 e questo si è riflesso anche nella scelta di piatti e ingredienti salutari, come il pokè, a scapito del junk food”. Nel 2021 sono più che triplicati nel mondo gli ordini contenenti opzioni salutari (dati Deliveroo), mentre nel 2020 la European Food Agency ha dichiarato che il pokè occupa la nona posizione sui top 30 cibi ordinati. A questo si aggiunge il carattere fortemente personalizzabile del pokè e il suo essere un prodotto esteticamente piacevole, “instagrammabile” e quindi ampiamente presente nelle foto degli user sui social media.
“Soprattutto, essendo un piatto pratico, consumabile da freddo, componibile e compatibile con il trasporto, è perfettamente funzionale al delivery, trend in forte aumento negli ultimi anni e, in particolare, durante la pandemia da Covid-19: solo la piattaforma Deliveroo ha registrato un aumento di transazione gestite del 130% anno su anno, raddoppiando il numero di clienti attivi a 7,1 milioni nell’aprile del 2021”, aggiunge Andrea Casati.
Le pokerie in Italia: chi guida il mercato?
Per quanto riguarda la distribuzione delle pokerie in Italia, Cross Border Growth Capital segnala la presenza di nove catene principali che dominano il mercato nelle maggiori città (Roma, Milano, Torino, Bologna e Napoli).
La prima in termini di fatturato, secondo l’analisi, è Poke House che di recente – con il sostegno di Eulero Capital, FG2 e Milano Investment Partners – ha chiuso un round da €20 milioni per finanziare la propria espansione in Europa.
Pokeria by Nima, I love pokè, Matcha Poke sono importanti pokerie che, posizionate nelle principali città, competono su tutto territorio nazionale attraverso un modello di business che prevede sia DOS (Directly Operated Store, negozi di proprietà) che franchising. Tra le altre importanti catene si trovano Pokescuse, Pokestorie e Waikiki Poke. Inoltre, nelle maggiori città italiane sono stati mappati 120 Pokè bar indipendenti e Cross Border Growth Capital stima che la restante parte del territorio italiano, in particolare le città di provincia con una densità abitativa rilevante, sia servita da circa altrettanti Pokè Bar indipendenti, per un totale di 378 ristoranti nel 2021.
Analizzando nello specifico il panorama romano e milanese, Cross border Growth Capital segnala in particolare la presenza di due catene: Ami Pokè e Poke House.
A Roma, Ami Pokè detiene il 18% del market share ed è presente con 6 store posizionati in zone strategiche ad alto flusso pedonale. La catena prevede di espandersi in zone limitrofe e su tutto il territorio nazionale nei prossimi anni per aumentare la propria presenza nel mercato. La restante parte del mercato vede le pokerie indipendenti contare per più del 70% del mercato mentre Poke House e pokeria by Nima detengono rispettivamente il 9% e il 3%.
Lo scenario milanese è invece capeggiato da Poke House con il 16% delle quote di mercato e presente ad oggi (luglio 2021) con 14 store attivi nella città e, a sua volta, con forti mire espansionistiche all’estero, contando più di 10 store operativi tra Spagna e Portogallo. Il territorio è comunque conteso da altre catene come I love poke e Pokeria by Nima, che detengono rispettivamente il 10% e il 9%, e a seguire, Macha Poke, Pokestore e Pokeaway per un totale di 11%. Le pokerie indipendenti rappresentano il 55% del mercato.
Le tendenze M&A nel mercato delle pokerie
A dimostrare quanto il mercato delle pokerie sia sempre più in vivace fermento sono anche le molteplici acquisizioni e gli aumenti di capitale verificatisi negli ultimi anni nel settore. Come spiega Cross Border Growth Capital, oltre a Poke House (€20 milioni), uno degli ultimi aumenti di capitale più rilevanti è stato quello di I love Poke, per un ammontare di €14 milioni che si è concluso ad aprile 2021. Nonostante ciò, l’analisi di Cross Border Growth Capital segnala che la maggior parte dell’attività del settore riguarda principalmente transazioni Italia-Estero o straniere. Nel primo caso, l’acquisizione da parte di Poke House del 100% di Ahi Poke (catena di pokerie londinese) per entrare nel mercato del Regno Unito e dell’omonima Poke House portoghese, con sede a Lisbona, per le stesse opportunità di espansione internazionale. Nel secondo caso, l’acquisizione da parte di Vendis Capital di Pokawa nel settembre 2019, la maggiore catena di poke in Francia con sede a Parigi. A livello di aumenti di capitale, si segnalano invece i round di finanziamento di Tasty Poke Bar (Spagna), Island Poke (UK).