Prima della Scala, di cosa parla ‘La forza del destino’ di Verdi

- Pubblicità -

(Adnkronos) – L'amore contrastato, l'emarginazione sociale, la vendetta e la lotta contro il destino avverso sono i temi centrali de 'La forza del destino' di Giuseppe Verdi, l'opera che inaugura la stagione 2024/2025 del Teatro alla Scala è un melodramma in quattro atti su libretto di Francesco Maria Piave, tratto da 'Alvaro o la forza del destino' di Ángel de Saavedra.  La prima rappresentazione assoluta ebbe luogo al teatro Imperiale di San Pietroburgo, in Russia, il 10 novembre 1862, mentre il debutto italiano, con il titolo 'Don Alvaro', fu a Roma al teatro Apollo il 7 febbraio 1863 con le sorelle Carlotta e Barbara Marchisio. L'azione si svolge in Spagna e in Italia, nel Settecento. Tra il primo e il secondo atto passano circa 18 mesi. Tra il secondo e il terzo alcuni anni; e tra il terzo e il quarto oltre un lustro. Il primo atto si apre a Siviglia, nella sala nel palazzo del marchese di Calatrava. Dopo avere ricevuto dal padre – il vecchio marchese di Calatrava – la benedizione notturna, Donna Leonora si appresta a fuggire con l'amato Don Alvaro, un peruviano discendente da una stirpe reale perseguitata dai dominatori spagnoli. Combattuta tra amore e obbedienza alla volontà del padre – contrario alle sue nozze con uomo di origini incerte – la giovane esprime a Don Alvaro il desiderio di rinviare la partenza. Tuttavia, dopo breve indugio, Leonora si dichiara pronta a seguire l'amato. Il marchese irrompe nella stanza e affronta il presunto seduttore della figlia. Per provare la propria innocenza, Don Alvaro non esita a gettare a terra la pistola. Ma cadendo, l'arma scarica accidentalmente un colpo che colpisce a morte il vecchio gentiluomo. Il marchese muore maledicendo la figlia.  Nel secondo l'azione si sposta al villaggio d'Hornachuelos e vicinanze, nella grande cucina di un'osteria. Don Carlo di Vargas, figlio del marchese di Calatrava, ha giurato di vendicare la morte del padre. Da tempo egli è sulle tracce della sorella Leonora e del suo complice che crede fuggiti insieme. In realtà, da quella tragica notte i due amanti non si sono più incontrati. Giunta nella medesima osteria in abiti maschili, Leonora riconosce il fratello, sotto le mentite spoglie dello studente Pereda. La giovane riesce comunque ad allontanarsi senza essere scoperta, mentre la zingara Preziosilla inneggia alle gioie della vita militare. L'azione prosegue su una piccola spianata sul declivio di scoscesa montagna, di fronte la facciata della chiesa della Madonna degli Angeli. Nella speranza di fuggire l’ira del fratello e di espiare il senso di colpa per la morte del padre, Leonora domanda asilo in un convento. Confida al Padre Guardiano la propria storia e chiede di potersi ritirare in un vicino eremo per trascorrervi in solitudine il resto della vita. Dopo aver invitato la giovane a riflettere sulla grave decisione, il Padre Guardiano acconsente. Egli raduna i frati e impone loro di non violare il segreto che circonda l’ignoto penitente. Poi implora la protezione della Vergine.  L'atto terzo è ambientato in Italia presso un bosco a Velletri. Sul campo di battaglia le forze spagnole e italiane affrontano le truppe austriache. Don Alvaro si è arruolato nell'esercito spagnolo sotto il falso nome di Don Federico Herreros, conquistandosi fama di eroe. Egli medita sulle proprie sventure e piange Leonora che crede morta. Nel corso di una rissa, Don Alvaro salva la vita all'ufficiale Don Felice de Bornos, in realtà Don Carlo, fratello di Leonora. Senza riconoscersi, i due soldati si giurano amicizia eterna. La scena si sposta in un salotto nell'abitazione di un ufficiale superiore dell'esercito spagnolo in Italia. Don Alvaro è stato gravemente ferito in battaglia. Credendosi prossimo alla morte, egli affida all'amico una valigia contenente un plico sigillato, con la promessa di bruciarlo dopo la sua morte. Ma Don Carlo, che nutre alcuni sospetti sulla vera identità di Don Alvaro, apre la valigia e, pur senza dissuggellare il plico, rinviene il ritratto di Leonora. Ora egli ha la prova che l’amico ferito è, in realtà, il seduttore della sorella e l’assassino del padre. All’annuncio che Don Alvaro è ormai fuori pericolo, Don Carlo pregusta la vendetta.  L'azione prosegue in un campo militare presso Velletri. Don Carlo rivela a Don Alvaro – ormai guarito – di essere a conoscenza della sua vera identità e, dopo essersi fatto a sua volta riconoscere, lo sfida a duello. Invano Don Alvaro cerca di sottrarsi alla furia del rivale: quando egli apprende che Leonora è viva e che il fratello si propone di ucciderla, accetta la sfida. Il duello è però interrotto dal sopraggiungere di una pattuglia. Don Alvaro giura allora di trascorrere il resto della sua vita in un convento. Tra canti e balli, l’accampamento militare si risveglia animatamente: alla predica di Fra Melitone fa eco il Rataplan intonato da Preziosilla. Infine l'atto quarto, ambientato nelle vicinanze di Homachuelos. Da cinque anni Don Alvaro si è ritirato nel convento della Madonna degli Angeli, ignorando, tuttavia, che nell’eremo vicino vive in solitaria espiazione Leonora.  Dopo avere distribuito il pane quotidiano a una folla di mendicanti, Fra Melitone gli annuncia la visita di uno straniero. Si tratta di Don Carlo, che è riuscito a rintracciare il rivale. Egli provoca e insulta Don Alvaro, costringendolo, infine, a battersi. Valle fra rupi inaccessibili, attraversata da un ruscello. Dopo avere ferito a morte Don Carlo, Don Alvaro si avvicina all’eremo, implorando aiuto per il rivale. Sopraggiunge Leonora e riconosce l’amato Don Alvaro. Poi corre in soccorso del fratello morente, che la colpisce a morte. Confortata dalle parole del Padre Guardiano, Leonora muore invocando su tutti il perdono di Dio. —spettacoliwebinfo@adnkronos.com (Web Info)