“Romaison, nome inventato, unisce due parole che raccontano una città unica dove moda e cinema generano da sempre un sistema creativo apprezzato in tutto il mondo. Grandi registi e produzioni internazionali scelgono Roma per i loro capolavori.Anche in questo momento storico la nostra città rappresenta uno scenario perfetto per realizzare opere cinematografiche. Sono 50 produzioni al lavoro a Roma, ultima Mission Impossible che si gira tra i Fori e il Rione Monti. Roma e un laboratorio dove poter fare ricerca continua e realizzare costumi. Il cinema ispira la moda e la moda ispira il cinema in un continuum temporale unico”. E’ stata la Sindaca di Roma Virginia Raggi a presentare il duplice progetto a cura della storica della moda Clara Tosi Pamphili, che comprende una mostra di abiti e costumi tratti dagli archivi delle sartorie teatrali e cinematografiche, nel Museo dell’Ara Pacis ( 23 ottobre- 29 novembre) e la performance Embodying Pasolini, diretta da Olivier Saillard, con protagonista l‘attrice scozzese Tilda Swinton che “farà rivivere” i costumi dei film di Pier Paolo Pasolini, al Mattatoio a Testaccio nel 2021. “Gli abiti non sono fossili – spiega la Swinton – questi capi non sono scarti che vengono usati una sola volta sul set da una star. Per me che ho maneggiato gli abiti di Salò o Le 120 giornate di Sodoma di Pasolini, è stata un’esperienza straordinaria. Una scarica elettrica. Su di me il loro potere è stato elettrizzante. Questi abiti sono monumenti“.
La mostra nel Museo dell’Ara Pacis riunisce le più importanti sartorie di Costume romane: Annamode, Costumi d’Arte – Peruzzi, Sartoria Farani, Laboratorio Pieroni, Tirelli Costumi, con la presenza di bozzetti dall’archivio di Gabriele Mayer (fondo di riconosciuta importanza storica, che sarà donato alla Galleria Nazionale) e con una sezione dedicata allo storico produttore di manichini Mensura. Il percorso si apre con una mappa che permette di visualizzare la presenza degli atelier sul territorio. L’ambiente diventa poi un grande atelier, dove la dimensione tecnica, artigianale e creativa, tipiche del laboratorio, dialoga con la ricerca e la conservazione, sviluppate dagli archivi delle singole maison. Tavoli, strutture metalliche a muro, pedane, tracciano le direttrici per i continui rimandi tra la produzione e le straordinarie raccolte di pezzi storici originali delle collezioni delle sartorie. In un gioco di rimandi tra pezzi d’epoca e costumi, sono in mostra abiti eccezionali del sarto inglese Charles Frederick Worth, di Paul Poiret, dalla romana Maria Monaci Gallenga, che stampava oro e argento sul velluto, fino a Madame Gres, ai romani Schubert e Zecca, ai francesi Dior e Balenciaga,che dialogano tra loro con i costumi de Il Conformista e L’Ultimo Imperatore di Bernardo Bertolucci, ma anche con la Cleopatra interpretata da Elizabeth Taylor, con gli abiti di Salò di Pasolini, o con quelli di Miss Marx, presentato a Venezia, fino alle recenti serie tv come Penny Dreadful. Presenti i costumi dei grandi nomi come Pescucci, Canonero, Atwood, Squarciapino, Donati, Tosi, fino ai più giovani Catini Parrini e Torella. “Il rapporto tra Moda e Costume “meravigliosamente ambiguo, in una dimensione parallela d’ ispirazione reciproca soprattutto a Roma” – come spiega la curatrice del progetto – è il filo sotteso a questo insieme eterogeneo di storie affascinanti, che si snodano per oltre un secolo, dalla nascita di Cinecittà nel 1937 alle prime produzioni internazionali girate negli studi romani, come il Principe delle Volpi del 1949, dalla stagione dorata del cinema italiano ad oggi”. Un corto circuito che irrompe nella rappresentazione di alcune icone del cinema: Florinda Bolkan che indossa un vero abito di Gallenga come costume nel film Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto, Donyale Luna, prima modella di colore che compare sulla copertina di Vogue nel 1966, in Satyricon, Silvana Mangano, icasticamente glamour mentre indossa le sue parure Bulgari in Gruppo di Famiglia in un Interno, Jane Fonda nel cult Barbarella.Ansa