“Da familiare di vittima innocente di mafia non posso che essere addolorato per la scarcerazione di un feroce killer di mafia del calibro di Giovanni Brusca.
Non v’è dubbio, però, che la vicenda della scarcerazione di Brusca abbia dato la stura a una serie di proteste sterili e alle solite speculazioni politiche da parte di chi è perennemente alla ricerca del consenso elettorale.”
A dichiararlo è Giuseppe Ciminnisi, coordinatore nazionale dei familiari delle vittime innocenti di mafia, dell’Associazione “I Cittadini contro le mafie e la corruzione”.
“Trovo assurdo che i primi ad essere “traumatizzati” dalla scarcerazione di questo ferocissimo killer, siano quegli stessi politici che – da sempre consapevoli dei benefici garantiti ai “collaboratori di giustizia” – non hanno fatto nulla per eventualmente apportare modifiche alla legge attualmente in vigore.
Brusca oggi beneficia di una legge voluta dall’Uomo che lui stesso ha ucciso: il Giudice Giovanni Falcone!
La legge voluta da Falcone fece sì che la collaborazione con lo Stato da parte di molti cosiddetti “pentiti”, diede i suoi frutti, permettendo di scoprire gli autori di molti delitti e di ricostruire l’organigramma di tante famiglie di mafia.
Com’è ovvio, per noi familiari di vittime di mafia, la scarcerazione di soggetti come Brusca – ma anche tanti altri prima di lui e nel più assoluto silenzio di chi oggi urla allo scandalo – rappresenta il riaprirsi di una ferita mai rimarginata.
Se da un canto sarebbe pura follia pensare di abrogare la legge sui pentiti – continua Ciminnisi – rinunciando all’apporto determinante che ancora oggi possono dare alle indagini, altrettanto non lo sarebbe nell’ottica di una revisione della norma che permetta sì di concedere una premialità al collaboratore, ma che ponga dei paletti più restrittivi sia nelle modalità della collaborazione stessa, sia nel conseguimento dei benefici e della successiva libertà, che non può essere una libertà incondizionata (seppure è previsto un periodo di libertà vigilata) con il rischio che si possa tornare a delinquere.
Il polverone che sta sollevando il “caso Brusca”, mi induce a porre una domanda: Come mai la scarcerazione “premiale” di tanti altri soggetti non ha creato lo “scandalo” che sta provocando la liberazione di Brusca, di cui tutti, i politici per primi, sapevamo sarebbe avvenuta?
Si rivedano dunque gli eventuali aspetti normativi da correggere – conclude Ciminnisi – senza animare “teatrini” che non serviranno né a garantire Giustizia a chi ha pagato con la propria vita o quella di un proprio caro un tributo di sangue alla mafia, né ad evitare gli abusi, che pure ci sono stati, nell’applicazione della legge”.
Questo, invece, il comunicato in merito alla scarcerazione di Italia dei Valori:
“L’indignazione per la scarcerazione di Giovanni Brusca, è veramente tanta, ma è opportuno fare qualche considerazione:
L’Italia ha individuato la premialità come forte strategia di difesa sociale contro il terrorismo: chi si dissocia e collabora con lo Stato può avere un trattamento più favorevole anche in termini di pena. Questa strategia, unita alla corale ribellione dell’Italia democratica, portò alla disgregazione e alla morte delle organizzazioni terroristiche. Il principio, applicato alle mafie anche per impulso di Giovanni Falcone, ha prodotto risultati importanti in termini di assicurazione alla giustizia di un rilevante numero di mafiosi che altrimenti non si sarebbe riusciti a perseguire e condannare. Di quella strategia di difesa sociale fa parte anche l’esclusione, prevista dall’art. 4-bis dell’ordinamento penitenziario, dai benefici carcerari per terroristi e mafiosi, salvo che non collaborino con lo Stato. E’ evidente che quella strategia può comportare situazioni umanamente stridenti come la scarcerazione per fine pena di Brusca, che, nonostante i crimini commessi, che suscitano la nostra più forte condanna e indignazione, in quanto collaboratore dello Stato, ha avuto una pena ridotta ed ha goduto dei benefici penitenziari. Purtroppo, bisogna anche concedere qualcosa se si vogliono raggiungere risultati in profondità diretti a scardinale ed eliminare il sistema mafioso e criminale.
Italia dei Valori intende confermare, e difenderà in ogni modo, quella strategia di difesa sociale, anche differenziandosi da chi cavalca l’indignazione popolare ma in realtà lavora per indebolire la difesa sociale. IDV condivide in pieno, come aderenti ai valori da essa sempre praticati, le dichiarazioni della deputata Piera Aiello, e prima ancora di Maria Falcone. Bisogna continuare ad incentivare la collaborazione dei mafiosi con lo Stato; e più essi sono stati dentro le più efferate azioni mafiose più la loro collaborazione sarà informata e determinante.
IDV ritiene anche che lo Stato e le autorità competenti debbano trovare il modo per salvaguardare i principi ispiratori dell’ergastolo ostativo. E’ chiaro che è del tutto fuorviante il riferimento all’esigenza di evitare trattamenti inumani e degradanti. Né si deve mettere nel nulla la finalità rieducativa della pena. La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, e poi la nostra Corte Costituzionale in adesione, fanno bene a richiamare i principi contenuti della Dichiarazione Europea dei Diritti dell’Uomo e nella nostra Carta Costituzionale. Ma entrambe le alte Autorità sembrano lasciare spazi per non indebolire le strategie di difesa sociale. L’Italia non può, ovviamente, contestare le decisioni; ma ha il dovere di rappresentare quanto sia grave il pericolo rappresentato dalla mafia, che tende a sostituire lo Stato usando metodi inumani fino alla tortura e alla morte senza processo. Noi pensiamo che sia lecito esigere che il ravvedimento si debba manifestare con una chiara dissociazione collaborativa e non consista solo in un animistico e non controllabile pentimento rispetto all’adesione all’ideologia mafiosa.
Italia dei Valori intende intensificare la propria azione soprattutto in questa fase nella quale la legalità nel suo complesso sembra venire di nuovo posta in discussione”.