UGL era presente il Vice Segretario Generale Luigi Ulgiati che sullo scambio quote di emissioni a effetto serra, ha dichiarato:
“Ferma restando la necessità di avviare una fase di rientro nelle emissioni a tutela dell’ambiente in cui viviamo, è la stessa Commissione a definire ‘ambizioso’ l’obiettivo di arrivare all’impatto climatico zero entro il 2050, per cui è opportuno riflettere con attenzione sul crono-programma per evitare ripercussioni pesanti sotto il profilo occupazionale e, quindi, sociale. Nel caso dell’Italia, ad esempio, l’allargamento del sistema dello scambio delle quote di emissioni a settori come il trasporto marittimo, l’edilizia e il trasporto su strada presenta delle complessità di non poco conto.
Su quello marittimo, sono stati fatti importanti investimenti che oggi rischiano di essere vanificati. Soltanto una minima parte del patrimonio immobiliare nazionale presenta già condizioni eco-compatibili, infatti la stragrande maggioranza degli immobili pubblici, compresi ospedali e scuole, sono fortemente impattanti. Critica anche la situazione relativa al trasporto su strada, sia sul versante delle merci che sul trasporto passeggeri. In entrambi i casi, si è davanti ad una flotta vetusta, per cambiare la quale servono investimenti enormi.
Per il trasporto aereo, ci si potrebbe trovare davanti ad un impatto molto significativo in termini economici, occupazionali e sociali, in un momento in cui, peraltro, il settore si trova pesantemente esposto agli effetti della pandemia prima e del conflitto russo-ucraino dopo. Diverse compagnie aeree presentano squilibri che potrebbero acuirsi nei prossimi mesi, per cui è da valutare con attenzione la percorribilità degli obiettivi fissati al 2030. Il tutto senza dimenticare la concorrenza sleale praticata da qualche compagnia sul versante salariale e normativo, in particolare nell’ambito del low cost, come dimostra il caso Ryan Air.
Sugli assorbimenti di gas serra derivanti dall’uso del suolo (LULUCF) connesso alla gestione di terreni, foreste e biomassa è chiamato ad anticipare gli interventi di mitigazione, con raggiungimento della neutralità climatica entro il 2035. L’ambiziosità dell’obiettivo deve essere valutata con attenzione, anche alla luce dell’aumento esponenziale dei costi delle materie prime e dell’energia che investono pesantemente il settore. Molto importante il richiamo alla tutela della biodiversità, caratteristica peculiare del nostro Paese.
Sulla condivisione degli sforzi (effort sharing – esr) è da valutare con estrema attenzione la congruità dello sforzo ulteriore richiesto ai vari Paesi per ridurre, nei settori indicati, le emissioni di gas serra. Valgono le considerazioni già espresse in precedenza sulla necessità di monitorare l’impatto economico, sociale e occupazionale di questo regolamento.
Per quanto riguarda il rafforzamento dei livelli di prestazione in materia di emissioni di co2 delle autovetture, considerando la profonda trasformazione che sta conoscendo il settore dell’automotive deve essere valutata attentamente per le sue ripercussioni di ordine economico, sociale e occupazionale. I forti investimenti in ricerca e sviluppo stanno avendo effetti, ma resta sempre lo scoglio dei costi esorbitanti per l’acquisto di veicoli elettrici e meno inquinanti. Gli standard attuali rischiano di tagliare fuori larga parte della classe media sull’acquisto di nuove auto. L’incremento dei prezzi dell’energia e delle materie prime, compresa la componentistica necessaria per far funzionare le nuove vetture, ad iniziare dai microchip, rispetto ai quali l’Europa si è mossa in estremo ritardo, sottovalutando le operazioni speculative messe in campo da altri produttori non Ue.
Per quanto riguarda la promozione dell’energia da fonti rinnovabili le modifiche apportate potrebbero contribuire a rafforzare l’indipendenza energetica dell’Unione europea, anche se, soprattutto nel settore energetico, i singoli Paesi europei continuano ad operare in autonomia, cosa che ha i suoi risvolti negativi. La stessa crisi russo-ucraina non è infatti aliena da questa mancanza di visione d’assieme.
Sul meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere, la misura potrebbe essere utile per evitare anche che produttori europei possano lasciare l’Unione europea verso aree meno attente alle politiche di contenimento dei cambiamenti climatici.
L’idea di istituire un Fondo sociale per il clima è coerente con l’impostazione dell’intero pacchetto di interventi. In primo luogo, l’ammontare delle risorse è insufficiente nell’ambito dello stanziamento già previsto nella legge di bilancio a decorrere dal 2023. Non si può passare da una dipendenza, quella energetica, ad un’altra dipendenza, come accaduto con i microchip, a causa del gap produttivo. In secondo luogo, è da capire come accompagnare la transizione.
Corretto sostenere il reddito delle famiglie colpite dal caro energetico, lo stesso vale, naturalmente, pure per le imprese. Molto, però, si gioca sulla capacità di accompagnare il cambiamento, attraverso la formazione e la riqualificazione del personale dipendente e quello non in servizio, ma potenzialmente occupabile, e con l’introduzione di incentivi monetari e fiscali, anche diversi dal credito di imposta, che, come noto, è di difficile utilizzo da parte delle piccole e piccolissime imprese, spesso in sofferenza sul versante della liquidità.
Pertanto, come UGL, chiediamo al Governo e alla politica di tener conto anche della guerra russo–ucraina, rispetto agli effetti che avrà sull’economia, e quindi considerare nuovi percorsi ed una revisione del PNRR.”