Per l’Ugl l’Ospedale San Giacomo non andava chiuso. “La sentenza di ieri del Consiglio di Stato – commenta il Segretario Nazionale della UGL Salute Gianluca Giuliano – accoglie le istanze di una discendente del Cardinale Antonio Maria Salvati, colui che ne finanziò nel 1584 i primi grandi lavori di ristrutturazione che lo hanno portato poi a essere nel tempo uno degli Ospedali più importanti di Roma”. Il sindacalista prosegue: “nel 2008 l’assurda decisione di dismettere la struttura in nome di un ennesimo capitolo dei tagli alla sanità capitolina e laziale che hanno portato nel tempo alla chiusura anche di altre strutture storiche come, ad esempio, il Forlanini. La forbice della spending review negli anni ha colpito alla cieca e l’esplosione della pandemia, con tutte le criticità emerse fino a oggi, ha mostrato come si sia operato senza criterio. Basti pensare allo spreco di denaro pubblico speso, tra il 2007 e il 2008, proprio per il San Giacomo quando la Giunta Regionale del Lazio, presieduta allora da Piero Marrazzo, autorizzò una somma di 12 milioni di euro per lavori di ristrutturazione e acquisto di nuovi macchinari a pochi mesi dalla chiusura già programmata poi messa in atto il 3 settembre del 2008. Tutto questo sottraendo fondi importanti a possibili investimenti sul personale sanitario dell’intero territorio”. Giuliano chiede un intervento risolutivo. “E’ normale che i cittadini durante la pandemia si siano chiesti, e continuino a farlo, perché eccellenze della sanità di Roma non abbiano potuto essere messe a disposizione della città in un momento così critico. Ora, almeno per il San Giacomo, cambia la prospettiva. Può tornare alla città ma per farlo servono investimenti per l’assunzione di nuovi operatori sanitari che contrastino così le carenze croniche degli organici”. Il Segretario Nazionale della UGL Salute conclude: “Restano nella storia di Roma e del Lazio i tanti milioni di euro gettati al vento da governanti miopi e incapaci di pensare a un vero rilancio della sanità locale”.
Intanto il sindacato, con il motto “Il Lavoro Cambia anche Noi!”, in occasione della Festa del Lavoro ha organizzato un tour nazionale, dal 9 aprile al Primo Maggio, 30 tappe da Nord a Sud Italia. È con questa filosofia che l’Ugl ha deciso di rivendicare la centralità del lavoro andando a incontrare, a bordo di un autobus, i lavoratori nelle piazze, nelle fabbriche e nelle realtà produttive di tutto il Paese. L’obiettivo del sindacato è quello di raggiungere nei singoli territori i propri iscritti, i dirigenti, tutti i lavoratori che, in questa fase così delicata della pandemia da Covid-19, non possono recarsi fisicamente a Roma per festeggiare il Primo Maggio insieme.
Il primo appuntamento in agenda è fissato venerdì 9 aprile con un doppio incontro: a Roma, alle ore 10.00, e poi a Napoli, alle ore 16.00. Il viaggio, lungo le province italiane, proseguirà a: Messina, Reggio Calabria, Matera, Brindisi, Bari, Campobasso, San Salvo, Pescara, L’Aquila, Frosinone, Fiumicino, Cagliari, Rieti, Terni, Firenze, Arezzo, Civitanova Marche, Ancona, Bologna, Venezia, Trieste, Monfalcone, Verona, Trento, Riva del Garda, Genova, Aosta, Torino e Milano.
Il tour dell’UGL si concluderà sabato Primo Maggio a Milano, in occasione della Festa del Lavoro.
«Con questo tour dell’UGL stiamo andando fisicamente dai lavoratori nelle province italiane più lontane e nelle diverse realtà produttive del Paese. Così abbiamo deciso di trascorrere un Primo Maggio ‘differente’, all’insegna dell’incontro nelle piazze con i lavoratori, con l’obiettivo di dar voce alle loro preoccupazioni, raccogliendo le istanze e le esigenze provenienti dalle varie Regioni italiane». Lo ha dichiarato Paolo Capone, Segretario Generale dell’UGL. «Queste tappe itineranti vogliono essere un’occasione unica di ascolto e di confronto per rimarcare, ancora una volta, l’importanza di rilanciare l’occupazione partendo dalle necessità dei singoli territori, ponendo l’attenzione su temi centrali per l’UGL come la sicurezza nei luoghi di lavoro e la partecipazione dei lavoratori alla gestione delle imprese, come stabilito dall’articolo 46 della Costituzione», conclude Capone