In un mondo sempre più frammentato, dove i valori tradizionali spesso si confrontano con le sfide della modernità, il ruolo della diplomazia religiosa assume una rilevanza cruciale. Oggi abbiamo l’onore di intervistare l’Ambasciatore d’Ungheria presso la Santa Sede, Edoardo Asburgo Lorena, che rappresenta un Paese profondamente radicato nella tradizione cristiana e allo stesso tempo attivamente impegnato nel dialogo internazionale.
In questa intervista esploreremo le sfide e le opportunità di una diplomazia che combina valori spirituali e interessi nazionali. Parleremo dei progetti culturali e religiosi che l’Ungheria ha in programma per il Giubileo e del suo ruolo come voce a difesa delle radici cristiane e della sussidiarietà nell’Unione Europea.
L’Ambasciatore ci offrirà una prospettiva esclusiva su come il suo Paese riesca a coniugare tradizione e modernità, evidenziando il ruolo centrale della fede e della diplomazia religiosa in un mondo alla ricerca di equilibrio.
Come descriverebbe lo stato attuale delle relazioni tra l’Ungheria e la Santa Sede? Ci sono aree particolari di collaborazione che ritiene degne di nota?
Lo stato attuale delle relazioni è molto intenso e stretto. Quando un ambasciatore arriva presso la Santa Sede, deve sempre affrontare i numerosi temi che legano il suo Paese al Vaticano. Quando sono arrivato nell’ estate 2015, al culmine della crisi migratoria, c’era un tema che tutto il mondo associava alla Santa Sede e all’Ungheria: la questione dell’immigrazione illegale. L’Ungheria stava costruendo un recinto, mentre il Papa esprimeva critiche generali verso quei Paesi che erigevano muri contro i migranti.
Nei mesi successivi, ho iniziato a scoprire molti ambiti in cui la Santa Sede e l’Ungheria condividono una visione comune. Oggi posso affermare che le relazioni sono pienamente ottime. Il Papa ha visitato l’Ungheria due volte e ci sono numerosi punti di convergenza. Attualmente, uno dei temi più forti che ci unisce è la guerra in Ucraina: sia il Papa sia l’Ungheria sostengono con forza l’urgenza di promuovere dialogo, un cessate il fuoco e trattative di pace, in contrasto con l’approccio europeo, spesso orientato verso la militarizzazione e l’invio di armi.
Un altro tema che ci accomuna è l’aiuto ai cristiani perseguitati. L’Ungheria ha sostenuto ospedali cattolici in Siria e siamo regolarmente in contatto con il Vaticano per informarlo sul nostro lavoro in favore delle comunità cristiane. Dopo le difficoltà vissute dai cristiani in Medio Oriente, la Santa Sede apprezza le nostre iniziative.
Anche la nostra politica familiare riceve regolarmente riconoscimenti dal Vaticano; il Papa spesso sottolinea come “in Europa non si facciano abbastanza figli”. A questo proposito, ricordo sempre che non solo ho contribuito personalmente con sei figli, ma che l’Ungheria incoraggia attivamente le famiglie a crescere numerose. Inoltre, condividiamo con la Santa Sede la lotta contro l’ideologia gender e alcune agende progressiste presenti nei documenti internazionali. In molti consessi multilaterali, sia l’Ungheria sia il Vaticano si oppongono all’avanzata di queste tematiche.
Per quanto riguarda il ruolo della Chiesa cattolica nella vita politica e culturale dell’Ungheria, va sottolineato che, pur essendo Stato e Chiesa separati, collaborano per il bene della società. Questo principio è sancito anche nella nostra Costituzione. La Chiesa cattolica, insieme ad altre comunità religiose, è visibile nel settore pubblico e svolge un ruolo importante nella società, spesso ricevendo supporto statale per le sue iniziative sociali. Ad esempio, vicino al confine con l’Ucraina, diverse organizzazioni religiose hanno accolto oltre un milione e mezzo di profughi di guerra arrivati nel nostro Paese.
Per quanto riguarda il ruolo dell’Ungheria all’interno dell’Unione Europea, vedo il nostro Paese come una voce isolata ma fondamentale. Crediamo in un’Unione basata sul principio di sussidiarietà, composta da nazioni sovrane. Ogni tentativo di centralizzare eccessivamente l’Unione, togliendo sovranità nazionale, la indebolisce. L’Ungheria difende i valori cristiani e la tradizione culturale europea, compresi i valori della famiglia e della difesa delle radici cristiane. Sebbene queste posizioni spesso incontrino resistenze, continueremo a farci portavoce di tali principi fondamentali.
Ci sono progetti specifici che l’Ungheria sta portando avanti in collaborazione con la Santa Sede, specialmente in vista del Giubileo?
Sì, anche l’Ungheria, come molti altri Paesi, ha in programma diversi progetti in occasione del Giubileo. Già a partire da gennaio inaugureremo una serie di iniziative, tra cui una mostra dedicata al famoso regista e disegnatore ungherese di cartoni animati, Marcell Jankovic. Si tratterà di un’esposizione multimediale che sarà aperta al pubblico il prossimo gennaio.
Successivamente, organizzeremo una mostra sui santi e martiri ungheresi del XX secolo, un tema particolarmente significativo per la nostra storia. Tra gli eventi più importanti, ci sarà anche una grande esposizione fotografica di un rinomato fotografo ungherese, che speriamo di allestire in uno spazio pubblico vicino al Vaticano, per offrire una visione artistica e culturale accessibile a tutti.
Ci sono inoltre altri progetti in fase di pianificazione, che potrebbero aggiungersi al calendario delle celebrazioni per il Giubileo.
Qual è, secondo lei, il ruolo della diplomazia religiosa nel contesto geopolitico attuale e come la Santa Sede può contribuire a risolvere i conflitti internazionali?
Credo fermamente che la diplomazia religiosa sia di fondamentale importanza in questi tempi. In molti luoghi e Paesi, dove la popolazione ha perso fiducia nei politici, nei partiti o nei governi, le persone continuano a riporre fiducia nelle Chiese e nelle comunità religiose. Questo rende il ruolo della Santa Sede particolarmente significativo.
La Santa Sede si impegna attivamente in mediazioni in molti ambiti. Spesso, queste iniziative si svolgono in modo discreto, senza che il grande pubblico ne sia a conoscenza. In altri casi, invece, la Santa Sede interviene in modo visibile, dimostrando il valore della diplomazia religiosa in diverse parti del mondo.
Penso che tutti noi possiamo trarre insegnamento da questo approccio e riconoscere quanto la diplomazia religiosa possa contribuire alla pace e alla riconciliazione. Anche il nostro Paese, l’Ungheria, è molto attivo in questo settore, riconoscendo il valore delle comunità religiose come ponte di dialogo in un mondo sempre più complesso.